C’era una volta Sanremo. No, non quello della musica e dei fiori. Non solo almeno. Parlo di quello con l’edificio bianco di inizio secolo, con dentro quella carta da parati gialla e rossa e il soffitto a quadrati bianchi. Quello che anche oggi se mangi una pizza in uno dei ristoranti davanti a Corso Imperiale ti senti sempre dire: “Ah, bei tempi quelli! Tutti i tavoli pieni!”. 

Quanti anni sono passati? Tre? Dieci? Mille?

C’era una volta Sanremo. E forse c’è ancora.

Entro in sala con fare deciso armato della fedele Canon, compagna di mille scatti. Da lontano il sorriso di Giorgia Tabet splende ancor più dei lampadari che pendono con tutta la loro cristalleria. Non ci si vedeva da qualche tempo, eppure si parla come non fosse mai passato un secondo.

Si siede proprio a fianco ad Alfonso Amendola, che ricordando qualche tavolo fa si lascia scappare un comune “Che nostalgia però…”. L’eco del sussurro arriva fino a Salvatore Bonavena poco dietro. Mentre un barbuto Tommaso Briotti prende come solito possesso del gioco al suo posto. Passano gli anni, ma le buone abitudini non cambiano mai.

Tra i tanti pregi di questa nuova formula del Millions, di sicuro c’è quello di aver riavvicinato tantissimi che da qualche tempo avevano allentato la loro presenza. Chiedo a Tommaso il motivo del ritorno, scontato per molti quanto oscuro per alcuni: “Perchè è un torneo dannatamente EV+, strano che tanti non l’abbiano capito”. 

Ed è vero, tanto che persino un Dario Sammartino si è sparato un volo intercontinentale da Macao per essere schierato qua a Sanremo (dopo più di due anni che non giocava nulla live in Italia). Lui che ha giocato i tornei più importanti al mondo, abituato ormai a giocare solo per cifre a parecchi zeri.  Sei in questo caso. Come i 6.000.000 di Sterline di montepremi. Come il Milione di Sterline in palio per il primo posto. 

E non stupisce più nemmeno tanto se proprio Dario alla domanda sulle tanto attese WSOP risponde qualcosa come: “Si ma non è che ora mi importi poi più di tanto. Preferisco vincere un bel high roller con qualche milione in palio”. Segno dei tempi che cambiano, una volta era la gloria, i braccialetti, gli anelli. Oggi poi in fondo ci si rende conto che bastano anche gli assegni a sei zeri.  L’impressione è che ora come ora, i giocatori migliori non abbiano poi tutto sto gran bisogno di visibilità, anzi, forse è pure meglio mettere da parte chips pesanti senza troppo clamore.

A proposito di braccialetti, eccolo lì uno dei nostri Campioni del Mondo.  “Non so se vale ancora come titolo” mi risponde Rocco Palumbo quando aggiungo il titolo al suo nome. E parliamo del più e del meno, perchè con i campioni viene più facile anche non parlare solo di mani di poker. “Che dici, torneo parecchio figo no?” provo a chiedere. “Si decisamente, ma ti dico la verità, sono venuto qua soprattutto per salutare qualche vecchio amico e respirare un po’ l’aria del Casinò di Sanremo che mi mette sempre tanta nostalgia. Ieri quando ho visto il tuo video con la Tabet mi è quasi scesa una lacrimuccia”. 

Perchè si, ok i soldi, ma poi diciamolo, quello che conta è divertirsi. Quanto ci si diverte di più con un Milione in tasca però è facile intuirlo.

C’era una volta Sanremo dicevamo. E forse c’è ancora. Ma soprattutto, spero, ci sarà di nuovo. E chissà che tutto non riparta proprio da qua, da questa epica avventura del Millions. Da questo centenario Casinò che ha visto sorgere il mito del poker. Affievolirsi. E ora magari, anche rinascere. 

 

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