Carlo Savinelli: “Poker live in salute, PLO e Omaha5 nuove frontiere del cash game. E se avessi 25 anni…”

Carlo Savinelli, qui in una delle sue sessioni a Barcellona

Far discutere gli è sempre piaciuto, quasi come prendere i soldi agli avversari al tavolo (ho detto quasi, eh!). Una trasferta stimolante e movimentata come quella di Barcellona non poteva non essere uno spunto, per Carlo Savinelli. Il pro campano ha così trovato il tempo per un lungo post sul suo profilo Facebook, un post pieno di spunti interessanti. Innanzitutto lo riportiamo integralmente qui, poi discuteremo alcuni punti proprio con il diretto interessato:

Lunga vita ai tornei live!

La prima parte della riflessione di Carlo riguarda il live e le prospettive, che a suo dire sono da considerarsi più che positive. Perchè gli eventi dal vivo continuino ad essere sostenibili c’è bisogno di percentuali importanti di giocatori amatoriali, altrimenti il rischio è che i tornei live diventino ritrovi per soli eletti, perdendo quella fascinazione che deriva dalla possibilità – per il comune mortale – di sedere allo stesso tavolo coi migliori e magari batterli, se in giornata di grazia. Secondo Carlo, a Barcellona questa proporzione era confortante, anche grazie alla copiosa rappresentanza italiana, anche se qui il dibattito con i colleghi è piuttosto acceso. Il principio indicato da Savinelli circa i montepremi milionari che attirano giocatori anche al di là delle proprie capacità è indiscutibile, ma la percentuale di amatori/giocatori italiani scarsi è probabilmente simile a quella di altri paesi: l’unica differenza è che i nostri più o meno li conosciamo, mentre gli altri ci sono per lo più ignoti.

“Non ho (più) l’età”

Il secondo spunto interessante riguarda la gestione del bankroll. Dall’alto di un’esperienza live ormai decennale, Savinelli attua una sorta di compromesso ragionevole tra buon senso e “shottate”. Sedersi ad un tavolo 50€/100€ è difficile anche per lui, visto che servono almeno 100-150mila euro minimo come posta, ogni volta che ci si siede. Lo fa di tanto in tanto, con il classico atteggiamento da “don’t try this at home” ma consapevole di potere saltuariamente frequentare queste partite senza perdere l’equilibrio per il proprio livello di riferimento.

Arrivato a 31 anni, Savinelli rimpiange un po’ di non avere la sfrontatezza dei primi anni, ma dall’altra parte è ben difficile che – senza imparare a conoscere e rispettare i propri limiti – Carlo sarebbe diventato il professionista d’elite che è oggi. Certo è relativo parlare di “mettere la testa a posto” con uno che deve sempre flirtare col rischio per continuare a fare la vita che fa, ma su questo aspetto Carlo è piuttosto netto: “Purtroppo o per fortuna devo legare alcune scelte professionali all’età. Andare broke a 31 anni è diverso dal farlo a 25: oggi ho diverse responsabilità, convivo, devo comprare una casa, ho una serie di pensieri diversi da quelli che avevo al tempo in cui mettevo tutto in pista e, se brokavo, un modo per risalire lo trovavo.

Se avessi 23-25 anni non solo mi butterei su quelle partite, ma andrei a cercarmele in giro, anche a Macao o cose di questo genere. Ci ho messo un annetto e mezzo (prima giocandole troppo loose, poi troppo chiuso) ma ho capito alcune dinamiche di quelle partite e ribadisco: se avessi quell’età…”

a cena con l’amico Dario Sammartino

PLO e Omaha5, le nuove frontiere

Di tutta la riflessione, forse l’argomento più interessante è quello relativo ai nuovi “terreni di caccia” per il cash game live, identificati da Carlo Savinelli nel Pot Limit Omaha e nell’Omaha a 5 carte. Due discipline in cui fare profit, secondo Carlo, è molto più semplice. “La differenza è diventata eclatante, almeno per quello che ho visto. Le balene più grosse stanno qui.
È vero che è molto più varianzoso e che ti metti in mano a swing sempre importanti, ma è una strada ormai obbligata per far crescere il roll, o almeno per farlo crescere in fretta.

Nei tavoli hold’em anche 100/200 che ho visto in genere c’erano 2 scarsi, 2 mezzi reg e 4-5 bravi. Nei tavoli Omaha invece 2-3 max 4 reg ma fortissimi, tipo Isildur o Ronny Kaiser e delle balene enormi.

Quindi va bene perfezionarsi nell’Holdem, ma è ora di studiare PLO e Omaha5. Come? Beh, PLO è già più semplice. Ci sono diversi programmi per studiare e anche simulare situazioni, e poi puoi sempre prendere un coach.
Omaha 5 invece è più un terreno inesplorato, anche se meno di quanto si pensi: a Lugano avevamo una partita in cui alternavamo Hold’em, PLO, Omaha5 e Stud. Io sceglievo hold’em quando ero di bottone, mentre ogni giro si vedevano almeno un paio di mani di PLO e Omaha 5. Lo Stud, invece, non lo sceglieva quasi mai nessuno.

Quindi, per sintetizzare, PLO è abbastanza semplice trovare il modo di studiare e skillarsi. La vera incognita è l’Omaha 5, perchè anche online non c’è molta azione.”

 

I super pro e gli high roller

Un ultimo aspetto di cui chiedo lumi a Carlo riguardo al suo post è la parte in cui afferma che i top player giocano diversamente i tornei più dispendiosi rispetto a quanto facciano di solito, anche se dicono il contrario. Basta guardare la late stage dell’EPT e quella del One Drop e dimmi se si gioca uguale. È abbastanza palese che si giochi più standard, più chiusi, anche perchè ci sono dinamiche di staking e magari, se fai qualche fesseria o tuffo a caso, chi ti comprava quote fino a ieri magari non te le comprerà più domani. Anche per questo io posso credere quando sento la gente dire che gioca un 1.000€ uguale a un 5.000€, e al limite anche a chi dice che gioca i 5k come i 10k, ma non mi venissero a dire che giocano i 5k come i 25k, ecco. Anche in considerazione di questo fatto, credo che i tornei high roller siano più abbordabili di quanto si pensi.

E a proposito di questo, legandomi al discorso sull’età fatto in precedenza sull’età e sul bankroll, se oggi avessi 25 anni venderei il 50% di quote e mi farei tutta la stagione di tornei da 25.000€.

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