€200 ai gamblers cinesi per farli giocare alle slot: polemiche al Casinò di Venezia sugli incentivi

€200 euro al giorno in fiches: questo è l’ incentivo che viene elargito ad ogni giocatore cinese che si presenta a Cà Noghera, sala del Casinò di Venezia tanto amata dai gamblers asiatici. E’ quanto emerge dalle accuse dei sindacati mosse verso i manager della gambling room veneta.  Questi bonus sono stati l’occasione per alimentare polemiche sempre più forti.

Come noto oramai è guerra aperta tra i rappresentanti dei lavoratori del Casinò e la giunta comunale, per aver annullato, in modo unilaterale, il contratto collettivo in vigore. Un provvedimento che rientra nelle nuove politiche di rilancio del casinò e passa per la riduzione dei costi del personale. Come vi abbiamo raccontato, questa mossa dell’amministrazione ha scatenato uno  scontro furioso che ha portato i dipendenti ad entrare in sciopero ad oltranza per più di un mese.

Ed ora i sindacati hanno denunciato: ai clienti cinesi la Casinò spa distribuisce centinaia di euro a testa per farli giocare. Abbiamo chiesto chiarimenti su questo e anche sulle percentuali che vanno ai porteur ha dichiarato Giampietro Antonini della sigla sindacale Sgb che ha indagato anche sugli altri incentivi concessi ai clienti.

E c’è un fronte aperto anche sui crediti inesigibili: in particolare assegni depositati e mai riscossi. I sindacati vogliono vederci chiaro.

Ca Vendramin, la sede storica del Casinò di Venezia

E’ anche vero che la maggior parte dei casinò del mondo offre incentivi ai propri giocatori per farli rimanere ai tavoli o davanti alle slot ma, per ragioni di trasparenza, i rappresentanti dei lavoratori vogliono vederci chiaro.

I manager del casinò però rispondono per le rime: “gli incentivi al gioco producono buoni risultati” come logica imponeva. Per i sindacati però sono risorse che vanno in fumo.

Non è possibile far giocare i clienti con i soldi del Casinò se alla fine i risultati sono l’aumento degli ingressi e non degli incassi. Su questo vogliamo un confronto. Sui crediti inesigibili e sui bonus ai clienti non abbiamo dati aggiornati dal 2010″. Un botta e risposta legittimo tra le parti in causa.

Insomma, la guerra prosegue e il casinò più famoso d’Italia (e con i volumi più alti) rischia la paralisi. Si è diffusa anche una voce di una possibile cessione ai privati, ma il Comune di Venezia ha smentito.

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I vecchi croupier dalle colonne del Quotidiano “La Nuova Venezia e Mestre” attaccano: “Manca la strategia per un vero rilancio della Casa da Gioco”. Il casinò in 10 anni ha perso la metà delle sue entrate.

Questa vicenda però è l’ennesima testimonianza che la gestione  pubblica nei casinò italiani è fallimentare. Gestioni illogiche e anti-economiche soffocate da ragioni politiche e sindacali. Le cose non funzionano da anni. Non sarebbe meglio privatizzarli tutti come accade all’estero, in paesi evoluti come Francia  e Gran Bretagna?

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