Conoscere i bookies per battere il banco: sharp e soft bookmakers. Le differenze nelle quote. Le strategie dei professionisti

Nella comunità britannica degli scommettitori è nota ben chiara la differenza tra gli sharp e i soft bookmakers. Queste due categorie hanno politiche nella gestione del rischio molto differenti, in particolare per quanto riguarda la percentuale di allibramento (ovvero la % di profitto che il book trattiene). Ed è bene saperlo, anche perché alcuni sharp bookies stanno entrando nel mercato italiano. Queste sono le basi per orientarsi in questo mercato molto difficile, dove nessuno ti regala nulla.

Soft bookmakers

I soft sono in genere grosse gaming company che operano nei mercati europei (inglese, italiano, dot com etc) ed il loro obiettivo primario è quello di aprire molti conti gioco attraverso affinate strategie di marketing. Sono sempre alla ricerca di scommettitori amatori ed hanno un ban facile nei confronti dei professionisti vincenti (spesso limitano le puntate) e di chi fa arbitraggio (sure bets).

 

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Operano con margini larghi (con percentuali di allibramento che in media si aggirano sul 5%-6% ma possono arrivare anche all’8% per side bets e nei mercati secondari).

Percentuale di allibramento

Per chi non fosse esperto: quando andiamo a trasformare le quote in probabilità (ad esempio quota 2 corrisponde al 50%) e sommiamo i tre segni (1-X-2) dovremmo ottenere una somma pari a 100. In realtà non è così, in genere è 105%-106%, quel 5%-6% è la rake del bookmaker.

Naturalmente, più l’aggio è alto per il bookmaker più le quote in media sono sbagliate.

Value bets più frequenti

Ma attenzione, questo non vuol dire che non offrono opportunità, anzi (leggete le prossime righe!). Spesso infatti, in base ai volumi raccolti, proprio per avere un rischio bilanciato ed assicurarsi l’aggio, i quotisti spostano le odds e nascono occasioni interessanti.

Nonostante una lavagna così favorevole per il banco, molti di questi bookies, in talune occasioni (andremo a scoprire più avanti le cause) offrono quote “sbagliate”, più alte anche rispetto agli sharp bookmakers. Si tratta di casi isolati ma quando avviene, molto spesso siamo in presenza di value bets, scommesse per valore (che deve essere l’obiettivo principale di ogni scommettitore).

Marketing e ban facili

I soft bookmakers, come detto, puntano forte nel marketing (garantiscono bonus favorevoli ai propri clienti) ma in genere hanno una gestione del banco che è spesso in outsourcing, quindi quasi tutti i bookies tendono a presentare quote molto uniformi. In base poi ai volumi di gioco, i risk manager spostano le quote. Ed in queste dinamiche che si creano, come detto, le value bets.

Professionisti vincenti

I soft bookmakers hanno rappresentato la fortuna di molti scommettitori professionisti, soprattutto in Gran Bretagna ma in genere la vita di queste run favorevoli per i pro dura molto poco. Il book, meno attento alla gestione del rischio, in genere interviene e banna o limita le puntate del bettor vincente che, di conseguenza, è costretto ad aprire (per forza) conti su altri siti concorrenti che, nel lungo periodo, offrono le medesime opportunità (quote sbagliate in casi isolati).

Limiti sempre più frequenti: male per il betting

Per questo motivo i professionisti inglesi, americani ed europei in genere, trovano rifugio nei bookmakers asiatici., una volta bannati dal mercato dei soft bookmakers. Rispetto a qualche anno fa, il ban o le limitazioni di puntata, sono diventati sempre più frequenti tra i soft bookies. A volte bastano un paio di puntate vincenti (con importi rilevanti) per essere limitati nelle scommesse successive, con tetti a dir poco ridicoli. Questo è comunque un male per il betting perché creano molta sfiducia sul mercato.

Sharp bookmakers

Sono betting company che lavorano su margini molto più bassi (circa 1,5%-2%) e accolgono con favore qualsiasi tipo di scommettitore. La loro forza sono i volumi ed è proprio dal “giocato” che capiscono quali sono i trend dei punters e si adeguano.

Più i volumi sono alti e più il loro team di gestione del rischio riesce a bilanciare le odds, facendo anche trading sul gioco raccolto. Per questo motivo i professionisti continuano a scommettere con queste società senza alcun limite ma con il pericolo che, essendo le quote ben bilanciate, alla fine non vi sia edge ed il rischio è di avere un Roi negativo dell’1,5%-2% (allibramento).

Il vantaggio naturalmente è di avere odds in media più alte (avendo una percentuale di allibramento più bassa) ma difficilmente battibili nel lungo periodo. Difficilmente si trovano nei mercati principali (Premier League, Serie A, NBA, Grande Slam etc), quote sbagliate.

Strategie professionisti

Per questo motivo, i pro che scommettono in maniera abituale su queste piattaforme, si specializzano su mercati secondari (per esempio calcio femminile, campionati di football in Vietnam etc) e spesso pagano tipster privati esperti in questi market. Ma è una lotta eterna perché gli sharp bookmakers sono molto elastici e veloci nel cambiare strategie ed adeguarsi.

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