Esport, è arrivata Mamma Rai: il boom passa dalla tv, e ormai ci siamo

Giovedì 28 ottobre 2017 verrà ricordato dagli appassionati di esport come una sorta di anno zero. Per la prima volta in assoluto, infatti, una tv nazionale si è occupata di videogiochi competitivi in maniera approfondita.

Lo ha fatto TG2 Dossier, con uno speciale di circa 50 minuti, andato in onda in seconda serata – su Rai Due, ovviamente. Il documentario ha toccato tutti i temi fondamentali per far capire a chi non conosce il settore le potenzialità di un mercato in esplosione.

 

TG2 Dossier esport Rai

Ivan ‘Rampage In The Box’ Grieco, caster tra i protagonisti del documentario

 

La tv come veicolo principale di informazione

Come ci diceva Luca Pagano a inizio anno, sebbene i mezzi di informazione oggi siano più variegati e immediati (Internet docet) di qualche decennio fa, se qualcosa non passa in tv allora è come se non esistesse neppure.

Bene, TG2 Dossier ha finalmente spalancato la porta degli esport all’opinione pubblica, tra l’altro in maniera più che apprezzabile: lo ha fatto con equilibrio, senza pregiudizi, magari senza approfondire troppo (come è giusto che sia, agli inizi), ma in maniera efficace.

In cinquanta minuti, lo speciale sugli esport è riuscito a far passare diversi messaggi importanti:

  • Gli esport sono competizioni regolamentate e agonistiche;
  • I videogiochi possono diventare una vera e propria carriera;
  • Gli esport aprono le porte al mondo del lavoro in diversi modi (pro player, coach, analisti, caster, opinionisti, ma anche sviluppatori di videogiochi, esperti di marketing eccetera eccetera);
  • Esistono già realtà esportive professionistiche (lo stesso Team QLASH di Pagano, il Team Forge, le squadre di FIFA di Roma e Sampdoria, e così via);
  • La passione in Italia è già tanta (come dimostra la recente Milan Games Week).

Se volete rivedere lo speciale, potete farlo cliccando qui.

Esport e tv: chi ha detto poker?

Per capire quanto l’influenza della televisione sia ancora fondamentale nel nostro Paese, basta fare un parallelo tanto caro ai lettori di Assopoker: che cos’era il poker, o più precisamente il Texas Hold’em, prima di Poker1Mania e affini?

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Semplicemente una passione per pochi, un mondo ancora sconosciuto ai più, dai contorni fumosi e spesso male interpretati: non è esattamente la stessa cosa che sta succedendo proprio in questo momento agli esport?

La differenza fondamentale, a mio modo di vedere, sta in quella che definirei la curva di fruizione. Il poker è passato dall’essere passatempo di nicchia a fenomeno mainstream, per poi piano piano scemare fino a trovare un proprio posto nella cultura nazionale, ma non più a livello di massa come qualche anno fa.

Gli esport, in questo senso, hanno un potenziale infinitamente più alto.

Non un gioco, ma tanti giochi

A conti fatti, il Texas Hold’em ha delle meccaniche mediatiche piuttosto semplici: c’è un tavolo, ci sono dei giocatori, ci sono delle chip, un mazzo di carte da cinquantadue. Fine. Il resto lo fanno naturalmente la tecnica, la tattica, la strategia, il bluff, la capacità di lettura degli avversari.

Ma il Texas Hold’em rimane comunque in singolo gioco, peraltro piuttosto statico: per quanto si possa innovare e rinnovare, la sua struttura rimane sempre la stessa. Ed era quasi inevitabile che la poker mania, presto o tardi, si dimensionasse.

Da questo punto di vista, gli esport hanno una vita mediatica infinitamente più lunga. Quasi immortale, oserei dire. Basti pensare all’infinità di titoli che già intrattengono milioni di spettatori in tutto il mondo: Call of Duty, League of Legends, Hearthstone, PUBG, persino Clash Royale – che recentemente ha organizzato un torneo da $200.000 di montepremi, trasmesso in diretta su YouTube.

 

La PG Arena alla Milan Games Week: gremita in ogni ordine di posto

 

Insomma, gli esport non sono altro che un contenitore, al cui interno si può trovare di tutto: simulazioni sportive, giochi di strategia, sparatutto in prima persona e chi più ne ha più ne metta. Per questo motivo, esaurire l’interesse è pressoché impossibile – anche perché nuovi titoli vengono sfornati ogni anno.

La Milan Games Week, Guido Meda e… Sky

Tornando al discorso televisivo, la recente Milan Games Week, capace di riempire la PG Arena per le finali di molti esport italiani, ci ha sicuramente dimostrato che più o meno tutte le tv hanno carpito le potenzialità degli esport, soprattutto nei confronti della fascia demografica più giovane.

TG2 Dossier, per esempio, ha fatto ampio uso di immagini prese dalla MGW del mese scorso, dove peraltro sono stati invitati giornalisti del calibro di Guido Meda, voce storica della MotoGP di Mediaset – MotoGP che da poco ha lanciato un campionato di esport… fate un po’ voi i conti.

Anche Sky di recente ha dimostrato grande interesse negli esport. Michele Posa, commentatore del wrestling, sta lavorando ad un programma sui videogiochi competitivi, per il quale ha già selezionato alcuni nuovi e giovani potenziali telecronisti.

Se presto o tardi i palinsesti delle tv nazionali e a pagamento saranno pieni di programmi sugli esport, non dite che non vi avevamo avvisato per tempo…

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