Carlo Savinelli scatenato: “Exploitative o GTO? La chiave sta nel trovare il mix perfetto!”

Carlo Savinelli – rientrato da Rozvadov – ha proseguito la lunga chiacchierata iniziata in Repubblica Ceca con il nostro inviato durante le WSOPE. Il buon Carlo è un fiume in piena. Da leggere tutto d’un fiato! Buona lettura.

– Dal nostro inviato a Rozvadov –

Dopo la partecipazione a sorpresa all’High Roller One Drop da 111.111€ e la cocente eliminazione in uno spot da cineteca contro Charlie Carrel, Carlo Savinelli torna a farsi sentire. A modo suo.

Che avesse qualcosa da dire lo si era intuito già via social: dai commenti comparsi sulla “cricca dei tedeschi” , all’annuncio di mettersi a fare il poker coach, gli spunti cominciavano ad esser troppi per lasciarli cadere nel vuoto.

Approfittando del week-end siamo andati a pescare il nostro Carletto, tornato alla base dopo aver bazzicato per diverse settimane ai tavoli cash di Rozvadov, per fare una bella chiacchierata su queste e altre tematiche: ecco cosa ci ha raccontato!

Carlo, cominciamo subito dalla lotta tra chi segue alla lettera la GTO e chi preferisce la via exploitativa: sono davvero due correnti agli antipodi o ci sfugge qualcosa?

Vedo molta confusione in giro quando sento parlare di gioco expolitativo e game theory optimal (GTO). Chi sposa una di queste teorie, pensando che una escluda l’altra, sbaglia. Addirittura c’è gente che pensa che giocare in modo ottimale e giocare bilanciato significhi la stessa cosa. Il vero segreto per essere vincente negli anni è saper trovare i giusti equilibri. Chi ambisce a essere protagonista in determinati scenari, tornei high roller live o partite high stakes live, ha bisogno di entrambe le cose. Con certi avversari farà più soldi giocando in modo exploitativo e con altri ne farà di più giocando una GTO migliore di chi ha davanti. Ci sono ancora tanti fish in giro e giocare GTO contro un fish porta meno soldi rispetto a un approccio exploitativo. Non si può pensare che la GTO sia l’unica, nonché la migliore, strada percorribile.

Qualcuno, specialmente tra i torneisti high roller, la pensa in modo differente…

Premesso che per masticare bene la GTO ci vogliono studio e dedizione maniacale, sono davvero in pochi a giocarla in modo quasi perfetto. I tedeschi sono una casta, giocano tutti una GTO che se non è perfetta ci va vicino. Si confrontano continuamente, sono sempre assieme: a cena, nelle pause dei tornei, a fine torneo...sembrano dei soldati! Questa ‘unione’, oltre alla loro propensione allo studio, è la vera forza del gruppo. E’ come se il fattore aggregativo risiedesse nella stessa devozione alla causa. Tra gli italiani invece la componente empatica la fa da padrona: non riuscirei proprio a immaginare dieci miei connazionali confrontarsi, allo stesso modo dei tedeschi, nella pausa cena di un high roller.

 

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Quanto a fondo si può arrivare con la GTO al momento?

Online c’è tanto materiale, se ti metti nel mood giusto e ti fai aiutare da qualcuno che utilizza dei server di supporto puoi fare passi enormi in breve tempo. Altro discorso invece è comprarsi Piosolver e pensare di poterlo usare in maniera ottimale senza avere le giuste conoscenze.

Pensi che un approccio così scientifico sia una bella svolta per il poker?

Approfondire il gioco in quel modo da dei vantaggi ma, come detto in precedenza, non è che una categoria escluda l’altra. Contro uno che gioca una GTO brutta è meglio giocare una GTO perfetta, ma visto il field dei tornei, dove l’80% dei giocatori non sa nemmeno cosa sia la GTO, la via exploitativa risulta più conveniente.

Chi in Italia è veramente avanti con la GTO?

In questo momento chi gioca ad alti livelli in Italia è più sulla linea exploitativa. Fino a poco tempo fa il gruppo di Favale, Anzalone, Sfarfallo e Diofebi, che giocava prevalentemente high stakes live, era molto valido. Loro avevano un approccio al gioco più GTO che exploitativo e sono arrivati a giocare partite anche più alte delle mie.

Scegliere la via dell’exploitative play significa studiare meno?

No, significa semplicemente includere altri aspetti. Io sono uno che dedica parecchio tempo allo studio, conservo la hand history live di tutti i tornei più importanti che ho giocato e in generale scrivo tutte le mani degne di nota, a prescindere dal buy-in del torneo. Il gioco exploitativo è più facile da apprendere, mentre la GTO è più facile da insegnare e viceversa.

Nella foto da sinistra verso destra: Mustapha Kanit, Dario Sammartino e Carlo Savinelli, i tre italiani al One Drop

Da quel che abbiamo appreso via social hai deciso di vestire i panni del coach…cosa ci guadagna uno come te, considerati i limiti a cui giochi, nell’insegnare agli altri?

Si, ho iniziato un percorso di coaching. Ho sempre avuto tante richieste ma il tempo e la voglia erano pari a zero, anche se devo ammettere che come business l’ho sempre sottovalutato. Dopo l’annuncio, ho fatto delle conference individuali tra le persone che mi avevano contattato, mirate a scegliere i ragazzi che ritenevo più idonei. Non avendo voglia di perdere tempo né di farlo perdere agli altri, ne ho selezionato quattro con cui lavorare, tre grinder online e uno live. Alcuni si sono stupiti della mia scelta non trovando un valido motivo per cui dovessi mettermi a insegnare ma, lato economico a parte, l’acquario è ancora così grande che spiegare qualcosa a 4 persone non significa necessariamente darsi la zappa sui piedi. Il poker poi è in continua evoluzione essendo un gioco basato sugli aggiustamenti, quindi ciò che hai imparato oggi fra sei mesi potrebbe non essere più sufficiente a battere il livello in cui giochi.

Quali sono i problemi principali che trovi nel field italiano?

Molti giocatori si concentrano sulle stesse cose per migliorarsi, dimenticandosi di altre di pari importanza. Sono tutti fossilizzati sul migliorare il proprio gioco sul lato tecnico quando il problema spesso risiede altrove. Alcuni hanno una mentalità cosi sbagliata che li porta a fare più errori di quanti ne farebbero giocando male. Quando apro la mia home di Facebook vedo tanta frustrazione, pessimismo, invidia. Sembra davvero che l’insuccesso altrui sia diventato l’antidoto alla propria non competenza o al proprio fallimento. Son tutti bravi, preparati, pensano di meritare qualcosa perché hanno vinto due spicci o hanno studiato per sei mesi. In realtà la maggior parte dei giocatori di poker non vince perché è meglio degli altri, ma perché sono gli altri a essere peggio di loro. Questi players invece di trovare gli stimoli nei propri sogni, si mettono a pensare che se non vincono quanto tizio è perché stanno runnando male, o perché caio sta runnando meglio: questo è il cancro mentale che ha ammazzato più giocatori di quanti se ne possano immaginare.

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