Filippo Candio: “Con FT avevo un contratto da calciatore. La gente? Mi ama o mi odia, ecco perché”

Filippo Candio durante il day 1A del PPTour Nova Gorica. Alla sua sinistra Simone Agnoletto

Nella prima parte dell’intervista, Filippo Candio ci aveva parlato delle sensazioni vissute al suo ritorno sulle scene del poker live dopo un paio di anni. Oggi completiamo il racconto, con alcuni dettagli inediti sul passato e sul presente del campione sardo.

Dopo essere diventato november nine non hai vissuto un periodo di appagamento? E’ stato quello che ti ha condotto poi a mollare progressivamente il poker?

Dopo quel torneo esci che sei un giocatore molto più forte. Hai una visione totale, sei come nel pieno di qualcosa e ricordo che giocai fino all’esaurimento.

Ma forse è stato anche quello che ti ha condotto poi a mollare progressivamente il poker?

Avevo fatto un inizio di 2011 eccellente, poi è successa una cosetta da nulla: è crollata Full Tilt. Lì è cambiato tutto anche perché avevo un contratto favoloso, praticamente da calciatore. E poi non dimentichiamo che venivo dall’esperienza chiusa male con PokerStars. Dopo qualche tempo lanciai l’iniziativa con Scommesse Italia e stava andando anche bene. Però mi rendevo conto che non poteva mai più essere la stessa cosa, e progressivamente questo mi fece dire basta.

Filippo al tempo del famoso final table del WSOP Main Event 2010

Questa saturazione ha in qualche modo favorito la tua metamorfosi in imprenditore digitale?

Nì, nel senso che è vero che il poker non mi appassionava più per le ragioni che abbiamo già detto. Però io sono un individualista un po’ strano, e del mondo delle startup mi appassiona tantissimo il processo creativo. Infatti è tutto nato dal mio spazio di co-working in cui ci sono 28 aziende che condividono e si confrontano. Da lì è nata anche la voglia di sviluppare e realizzare le idee: quella attuale è una app che facilita la gestione dei dipendenti.

Come hai trovato il mondo dei giocatori?

Un po’ più triste. Vedere gente che dopo tanti anni fa la stessa cosa, e senza essersi migliorato, mi dà questa sensazione. Poi tra questi ci sono anche persone che stimo, ma in generale mi dà la sensazione di un’evoluzione che si è fermata o di una mancanza di alternative. Sarà che io mi sento un individuo molto dinamico, ma è quello che penso.

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E che Candio pensi abbiano ritrovato, gli appassionati di poker?

Arrivare qui e vedere sempre tanta gente che ti riconosce, vuole fare una foto eccetera non può che fare piacere, e in questo non credo assolutamente di essere diverso da altri uomini. Poi però torno a Cagliari e sono totalmente un’altra persona. O meglio, diciamo che sono entrambe le cose: quello di Cagliari e questo qui.

Selfie con Andrea Iocco, pro di oggi ma ispirato da Candio ieri

Questo vale anche per il Candio-personaggio, che un po’ ci è e un po’ ci fa?

Io sono davvero fatto così, ho solo iniziato a sfruttare economicamente la cosa quando me ne sono accorto. A un certo punto avevo dietro grandi sponsor, e laddove c’era una perdita di ev dal punto di vista del gioco, magari recuperavo su altri aspetti. Aspetti di added value che oggi, peraltro, non esistono più.

Questo mio approccio molto fuori dal coro ha iniziato a piacere solo quando ho cominciato a vincere, e la cosa non mi ha sorpreso. In generale so di essere un personaggio un po’ divisivo, che non concede molte vie di mezzo: se sei Filippo Candio o ti vedono come uno tra i migliori, o come un supercoglione.

Leggi qui la prima parte dell’intervista

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