Ode al giocatore live: ecco cosa succede quando il poker blogger si schiera

Da qualche parte, tra questi tavoli, stavolta c’era chi vi scrive

Ci sono due tipi di refrain a cui fai il callo quando ti guadagni da vivere scrivendo di poker. Il primo è quello del profano, la cui idea mentale del giochino combacia con buona parte dei luoghi comuni esistenti su ludopatia, famiglie rovinate, cosa porti alla società eccetera. Queste persone, quando sentono cosa fai di lavoro, attraversano un istante di imbarazzo che alcuni sono più bravi di altri a mascherare. Subito dopo, la domanda è d’obbligo: “Ma tu giochi anche?”.

“Ma tu giochi anche?” Episode #1

Domanda legittima, per carità, anche se non è che tutti stiano a chiedersi se Fabio Caressa abbia disputato almeno un campionato di C2 per essere legittimato a fare il telecronista o se Oscar Giannino sia almeno laureato in economia per scrivere sul “Sole24Ore” (Oops!).

Battute a parte, la domanda sarebbe legittima se non fosse per la reale ragione che li spinge a fartela. Sì, perché la vera curiosità non è se tu sia o meno competente, ma se tu faccia o meno parte di quella banda di degenerati.

Ecco, se già state provando della umana compassione nei miei confronti, sappiatelo: non siete che a metà strada. Il secondo refrain a cui sono ormai abituato è quello che accade ogni volta (MOLTO raramente, invero) che decido di schierarmi a un torneo live.

“Ma tu giochi anche?” Episode #2

In un torneo come l’IPO di Campione d’Italia è scientificamente provato che, in qualsiasi tavolo capiterò, ci sarà qualche poker pro che mi chiede “Ma tu giochi anche?”
Stessa domanda, ma semanticamente rovesciata. Nel primo caso esprimeva una paura che ciò possa accadere, nel secondo la sorpresa nel vedere che ciò accade. Anche qui è tutto nella norma, poiché ad ogni tavolo c’è almeno una persona che avrò intervistato, o di cui avrò in qualche modo o maniera scritto in oltre 10 anni di carriera.

Quando vesti i panni del giocatore, questo può essere un bel vantaggio: tu li hai visti giocare decine di volte, ti hanno raccontato centinaia di mani. Loro invece non possono avere grandi info su di te. A questo punto il problema diventa “Ho io lo skill-set necessario per approfittare di queste situazioni?”. La risposta è “ni”. Ho una discreta esperienza online ma risalente ormai a qualche tempo fa, e live serve qualcosa in più.

Ah, l’adrenalina del tavolo da poker!

Lavorare stanca, giocare di più

Una delle prime cose che pensi quando fai il blogger/giornalista durante un torneo, è che il tuo lavoro sia molto più faticoso di quello dei giocatori che osservi. Tu girando tra i tavoli, fai le 3-4 del mattino con l’incombenza di aggiornare i lettori sulle mani giocate e di dovere mandare il pezzo di fine giornata. Un lavoro sfibrante, senza dubbio, possibile solo se hai passione. La stessa passione, però, comporta anche una porzioncina di invidia: una parte di te, per piccola che sia, vorrebbe stare al posto di quegli stessi giocatori. In certi casi ti senti proprio usurpato, perché ti trovi a raccontare gesta di qualcuno che ha vinto una mano senza sapere realmente cosa abbia fatto, ma si sente comunque l’inventore del poker. E tu devi abbozzare e assecondare, poiché sai che il giochino che ti dà da vivere funziona così. Magari un giorno ci scriverai un libro, se ti convincerai che ne valga la pena.

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Resistenza

Ad ogni modo, quando sei al tavolo ti rendi conto che sì, giocare un live è una-due-tre volte più massacrante che raccontarlo. L’esigenza di tenersi svegli senza fare overdose di caffeina, i polsi slogati a forza di foldare, l’attenzione a non dare tell e il tentativo di prenderne il più possibile. Sono tutte attività che richiedono una resistenza psico-fisica davvero notevole, anche e soprattutto perché sono prove che vanno sostenute da seduti. Non potersi infatti alzare e fare due passi, (vuoi perché sei coinvolto in una mano, vuoi perché ti perderesti info preziose) rende buona parte della giornata di un player live una sorta di tortura. Dolce, ma sempre di tortura si tratta.

C’è da dire che fare il poker blogger una volta era un po’ più stimolante…

Resilienza

Ma forse la più importante qualità che deve possedere un giocatore in un torneo live è la resilienza. Nella marea di contesti in cui questo termine viene usato a caso, il poker è invece uno dei pochi davvero idonei. Non farsi prendere dal mostro del tilt è prova di resilienza. Non lasciarsi abbattere da una bad beat, pensando a quanto è lenta e giocabile la struttura di un IPO, è prova di resilienza. Superare la rabbia di aver lasciato mezzo stack nel tentativo di far foldare uno che non folda MAI, è sempre prova di resilienza.  Il poker live è un gioco lento, che punisce senza pietà chi non ha la pretesa di anteporre le proprie abitudini a una certa flemmatica ortodossia. Un gioco che può essere implacabile, con chi si lascia influenzare da un piatto perso, una lettura sbagliata o una discussione al tavolo.

“Il vero poker player è un resiliente: non lasciate che nessuno dica il contrario” (semicit.).

E poi c’è un’altra qualità fondamentale, per sopravvivere nel poker live. La chiamano istinto, ma sarebbe più corretto definirla “intelligenza emotiva”. Però mi rendo conto di essere andato troppo lungo, quindi ve ne parlerò la prossima volta.

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