Google banna i concessionari per AdWords. L’equivoco sui siti illegali e la discriminazione rispetto ai play for fun

Nella giornata di ieri Google ha reso noto che non era più consentivo investire in “AdWords” (il servizio pubblicitario a pagamento del motore di ricerca) per i concessionari italiani di giochi e scommesse. “Alla luce di alcune considerazioni legali” a Dublino hanno deciso che “non saranno più consentiti annunci di scommesse in Italia” come conseguenza diretta del ban della pubblicità contenuto nel Decreto Dignità che deve essere convertito in legge in Parlamento. Si salva solo Lotteria Italia. Tutto rimane invariato per quanto concerne invece il traffico organico proveniente da tutti i motori di ricerca.

L’equivoco delle ricerche di Google

Fin dalle prime luci della mattina però si sono susseguite sui social e su alcuni portali di settore denunce di siti .com /.org  segnalati nelle primissime posizioni da Google stesso a seguito di varie ricerche con parole chiave come “casinò online”, “poker online” etc. In molti hanno gridato allo scandalo ed al paradosso di questo decreto. In effetti paradossi ce ne sono parecchi (e lo spiegheremo in seguito) ma non è stata violata alcuna norma. Alcuni utenti, su Facebook, hanno forse voluto provocare per cercare di gettare luce su queste discriminazioni subite dai concessionari.

Dopo aver verificato attentamente sia le singole segnalazioni che aver effettuato dei test, siamo arrivati alla conclusione che si è generato solo un macroscopico equivoco. Nessun sito illegale è stato promosso.

In realtà le ricerche su Google.it segnalavano nelle primissime posizioni (quelle assegnate con advertising) siti .com/.org etc ma play for fun. Nessun sito segnalato dal motore di ricerca prevede vincita in denaro. Solo in un’occasione un nostro collega ha fatto uno screenshot di un potenziale link sospetto ma è stato immediatamente messo offline da Google e non abbiamo fatto in tempo a verificare la natura.

Ci sono poi dei bookmakers .com non ancora oscurati ma che sono in procinto di acquisire una concessione italiana (hanno partecipato al bando di gara) e, molto probabilmente, sono ancora visibili per precisi accordi con le autorità.

In realtà il noto motore di ricerca ha rispettato alla lettera la normativa italiana, sia per quanto riguarda la pubblicità che per le leggi vigenti sui giochi con vincite in denaro.

I test con le varie ricerche sul traffico organico ha messo in evidenza siti play for fun, più quelli dei concessionari italiani autorizzati e siti di news. Tutto regolare.

Siti play for fun

Alcuni lettori ci hanno segnalato che diversi network play for fun vendono però monete virtuali (in cambio ovviamente di euro) come avviene anche per parecchi video games.

Questi tipo di siti possono – secondo la normativa vigente – anche prevedere il pagamento di denaro reale in cambio di chip virtuali: per la legge italiana (e per le normative della maggior parte degli Stati occidentali, USA compresi) sono siti legali anche se stranieri ed operano senza concessione.

La ratio legis

In molti grideranno al paradosso ed, in effetti, comprendiamo il loro stupore, ma per la legge italiana le fattispecie che meritano di essere regolamentate (e quindi l’esistenza di una concessione) è quando il gioco prevede una vincita in denaro. Se il player paga per ottenere delle monete virtuali (come ad esempio avviene per gli upgrade dei video giochi) o degli status speciali o dei super poteri, è irrilevante per la legge se non c’è alcun premio in denaro.

La ratio è che la previsione di una vincita in denaro è uno stimolo in più a giocare e può essere un rischio che può portare ad incentivare una dipendenza. Da un certo punto di vista è assurdo che questi siti non siano regolamentati, perché non vi è alcuna tutela per il giocatore anche se questo è magari chiamato a pagare per poter passare a dei livelli superiori.

Zona d’ombra?

Non possiamo sapere se alcuni di questi siti siano delle tappe intermedie per spingere i players su piattaforme real money. Il mercato è in piena espansione.

Vi possiamo dire che il mondo di queste app e siti gratuiti è vasto: negli Stati Uniti, ad esempio Zynga Poker e PokerStars Play Money si contendono il mercato nel post black friday. Il sito gratuito della room della picca rossa mostra un buon fatturato con la vendita di chips virtuali e non ha mai avuto problemi legali. Di recente solo nello Stato di Washigton non gli è più possibile operare. Ma è un mercato in espansione. Lo stesso per Zynga poker che è la room play for fun più famosa e che ha iniziato ad operare su Facebook. Ma ci sono migliaia di applicazioni e siti for fun.

La discriminazione subita dai concessionari

Semmai, bisognerebbe denunciare la discriminazione che i siti concessionari stanno subendo nei confronti delle piattaforme play for fun, le quali possono essere percepite al 100% come dirette concorrenti (almeno nel lungo periodo). A queste piattaforme Google consente di fare pubblicità e di occupare le prime posizioni nel motore di ricerca per quanto riguarda il traffico organico. Sono siti molto spesso stranieri che pagano le tasse all’estero e che possono programmare campagne capillari di Adw.

Invece ai concessionari online di ADM (che pagano le tasse sul giocato in Italia) non è consentito fare advertising. Di fatto subiscono una grave ingiustizia e discriminazione perché i concorrenti del play for fun avranno sempre la precedenza su Google (almeno quelli che pagano).

E’ una delle tante conseguenze assurde del ban totale della pubblicità che genera solo discriminazioni.

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