Doyle Brunson ricorda: “Non potevo dire di giocare a poker, mi avrebbero considerato un criminale”

Non è facile essere un giocatore professionista di poker. Non solo dal punto di vista tecnico, perché come è ben noto solo una percentuale molto piccola di chi gioca riesce a essere vincente con costanza, ma anche perché si tratta di una scelta professionale che la maggior parte delle persone non riesce ad accettare. Perché spesso dire di essere un giocatore professionista di poker significa essere etichettati come ludopatici senza speranza oppure, nella migliore delle ipotesi, come individui con una fortuna fuori dal normale.

Pochi comprendono che il poker è un gioco di abilità che permette a chiunque abbia voglia di studiare, impegnarsi e investire tanto tempo ed energie di diventare un professionista e risultare vincente sul lungo periodo. Nonostante ci siano numerosi esempi che fugano ogni dubbio sulla natura del poker come gioco di abilità (uno dei nostri preferiti: il grafico di Olivier Busquet negli heads-up hyper turbo), ancora oggi è molto difficile farsi accettare socialmente in quanto poker pro. E se lo è nel 2018, possiamo solo immaginare cosa significasse dire di guadagnarsi da vivere e mantenere la propria famiglia giocando a carte negli anni Cinquanta o Sessanta.

Sessant’anni ai tavoli di poker

Doyle Brunson è forse l’unica persona in vita che può raccontare la sua esperienza diretta. Texas Dolly ha 85 anni e gioca a poker professionalmente da più di sessant’anni. Iniziò proprio negli anni Cinquanta, dopo aver subito un grave infortunio che mise fine alla sua carriera di cestista, e da allora non si è più fermato: prima ha fatto il rounder, ovvero girava l’America di città in città alla ricerca delle partite private più profittevoli, rischiando la vita un’infinità di volte; poi, con l’apertura delle poker room a Las Vegas, si trasferì in Nevada per iniziare un percorso più sicuro, che lo avrebbe portato a diventare uno dei volti più noti del poker a livello internazionale, oltre a poter serenamente ancora ogni giorno a quasi novant’anni.

Ma se oggi è relativamente facile per Brunson dire come si è guadagnato e si guadagna da vivere senza essere giudicato malamente, negli anni Cinquanta e Sessanta era tutta un’altra storia. Doyle ne ha parlato brevemente in un messaggio sul suo account Twitter.

Il tweet di Doyle Brunson

Brunson, sempre molto attivo su questo social network, ha retwittato l’immagine di un account che si chiama “History in Pictures“, nella quale si possono osservare decine di uomini impegnati nella costruzione di aerei militari americani durante la Seconda Guerra Mondiale. La didascalia è: “Una catena di montaggio di B-24 Bomber a Fort Worth, maggio 1943“.

One of my deceptions was at this plant. I told family, friends, etc I worked there to camouflage my real profession, poker playing. This was in 1956. Pro poker players were looked at like they were gangsters, thieves, and worse. https://t.co/MNFBD6Vu9t

— Doyle Brunson (@TexDolly) 19 agosto 2018

Doyle ha ripreso questa immagine per raccontare un interessante aneddoto sulla sua vita.

Uno dei miei inganni avvenne proprio in questa fabbrica“, ha scritto. Con “inganni” intende tutte quelle volte in cui finse di svolgere una professione diversa da quella del giocatore di poker per non andare incontro ai giudizi della gente. Gli “inganni” di Doyle Brunson non riguardavano solo il vicino di casa e altre persone che conosceva di vista, ma anche i suoi stessi famigliari.

Dissi alla mia famiglia e ai miei amici che lavoravo in quel cantiere per tenere nascosta la mia vera professione, giocare a poker. Successe nel 1956. All’epoca i giocatori di poker erano visti come gangster, ladri e peggio“, ha concluso Brunson. All’epoca era più accettabile costruire aerei militari in grado di uccidere migliaia di innocenti, piuttosto di guadagnarsi da vivere giocando a poker.

Doyle Brunson

Doyle Brunson, l’uomo che ha cambiato il poker

Molti hanno letto molta amarezza, in questo tweet, ma come gli è stato scritto da più follower, Doyle dev’essere orgoglioso di essere stato uno dei personaggi chiave nella valorizzazione del poker come gioco di abilità e soprattutto nel processo che ha portato questo “gioco” fuori dalle tenebre dell’illegalità e delle bische, fino a diventare un fenomeno globale che intrattiene milioni di persone in tutto il mondo, di ogni età, sesso ed estrazione sociale.

Una circostanza che è stata sottolineata più volte negli ultimi anni, da più parti. Phil Ivey, ad esempio, ha detto: “Tutti coloro che fanno parte del mondo del poker devono a Doyle un enorme grazie per tutto ciò che ha fatto per questo gioco. Quando Doyle iniziò a giocare, il poker era tutt’altra cosa rispetto ad oggi. Oggi fa figo giocare, ma all’epoca era completamente diverso“.

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