“Raising the Stakes – The Women of Poker”: il video di PokerStars per celebrare l’8 marzo

“Questo non è un gioco per signorine”. E’ la frase, chiaramente maschilista, che un avversario rivolge a Nanni Moretti durante la finale di pallanuoto nel film Palombella Rossa. Chi ha fatto sport l’avrà sentita pronunciare non solo da avversari sul campo, ma anche da allenatori, dirigenti e tifosi.

Purtroppo, non sarebbe una sorpresa sentirla anche durante un evento di poker live, soprattutto in Italia.

Difficilmente in un torneo dal vivo la “quota rosa” raggiunge il 10% dei partecipanti. Raramente si sente un giocatore maschio elogiare una donna per una giocata fatta al tavolo o per un risultato ottenuto. Pochi uomini assisterebbero ad una lezione di poker tenuta da una giocatrice, si trattasse anche di un nota professionista.

Come Victoria Coren Mitchell, l’unica persona che oggi può esibire due titoli dell’European Poker Tour nella propria bacheca. Chi scrive era presente in sala a Sanremo il giorno del suo secondo successo e ricorda bene commenti del tipo: “fortunata due volte”.

Eppure le donne stanno al poker tanto quanto gli uomini perché intelligenza, professionalità e voglia di emergere non sono prerogative esclusivamente maschili. Tutt’altro. Con l’aggiunta che gentilezza e stile non guastano davvero nel mondo del poker.

E’ quanto emerge dal breve documentario (15 minuti in tutto) “Raising the Stakes – The Women of Poker“, realizzato da PokerStars come contributo specifico per l’International Women’s Day (8 marzo), la nostra Festa della Donna.

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Il racconto si sviluppa attraverso le interviste a cinque giocatrici di professione (Maria Ho, Liv Boeree, Celina Lin, Fatima Moreira De Melo e Jennifer Shahade) e a due rappresentanti dell’ambiente lavorativo che ruota attorno al poker: l’Associate Director of Group Public Relations di The Stars Group Rebecca McAdam e l’Associate Director of Branded Content di The Stars Group Francine Watson.

Lo short è stato presentato qualche giorno fa in occasione di un incontro organizzato sempre da PokerStars e al quale ha preso parte anche la giornalista di settore Aleeyah Jadavji (un breve video sull’evento è disponibile qui).

I punti principali sviluppati nelle interviste sono tre.

AMBIZIONE

C’è un comune denominatore che ha spinto le quattro top player del documentario ad avvicinarsi al poker, e si chiama ambizione. O voglia di mettersi alla prova, ma la sostanza è la stessa.

Per Maria Ho tutto è cominciato durante il periodo universitario , con un home game al quale le donne non erano ammesse, in quanto… troppo scarse. Nonostante questo la cino (di Taipei) – americana si presenta alla partita. Per convincere i maschi bastano un po’ di birre in mano, che lei subito sostituisce con le carte. E vince. Da quel momento capisce che il poker soddisfa il suo bisogno di emergere e, nel giro di un po’ di tempo, si trasforma nella professionista da 3 milioni di dollari vinti in carriera che oggi conosciamo.

Anche la storia di Celina Lin (anche lei cinese, ma di Shangai) comincia ai tempi dell’università. La Lin studia un po’ di tutto, medicina, psicologia, informatica, ma nessun percorso educativo soddisfa il suo bisogno di affermarsi e la sua innata curiosità (che di solito indica una spiccata intelligenza). La soluzione arriva dal poker che le consente di esprimersi come nessun’altra disciplina in passato, e di dimostrare che una donna può farcela anche in un settore dominato dagli uomini.

Liv Boeree è alla ricerca di autonomia (economica soprattutto) quando scopre il poker. Nonostante una laurea in astrofisica, la player britannica cerca la notorietà attraverso la televisione, in particolare attraverso gli show. Riesce così ad entrare tra i cinque concorrenti del reality show Ultimatepoker.com Showdown (siamo nel 2005), dove viene coachata da pro del calibro di Phil Hellmuth, Anne Duke e Dave ‘Devilfish’ Ulliott. Dal 2006 si dedica in maniera professionale al poker. Per la pro di PokerStars la bellezza del poker sta nell’essere una summa di tante skills diverse: psicologia, intelligenza emotiva, teoria dei giochi, matematica, analisi del rischio e dell’informazione parziale, competizione.

E’ proprio il bisogno di competizione che ha fatto scoprire il poker a Fatima Moreira de Melo. Terminata la carriera sportiva, per la campionessa olimpica (Pechino 2008) la necessità di continuare a misurarsi si è riversato dall’erba (o sintetico) dei campi di hockey al feltro del tavolo da poker. Una transizione che le ha aperto anche nuovi orizzonti mentali, aiutandola a capire quanto il poker possa essere utile nella vita.

OPPORTUNITA’

Nel poker le donne possono realizzarsi. Prima di tutto possono diventare giocatrici vincenti, in particolare se sanno sfruttare l’ego tipico del maschio. Nel documentario Maria Ho e Jennifer Shahade mettono in luce quanto lo stereotipo della donna meno propensa a rischiare e poco aggressiva (ma vogliamo dire qualcosa di Maria Lampropulos e Vanessa Selbst?) diventi facilmente exploitabile.

Dare per scontato il modo di giocare di un avversario solo in quanto di sesso diverso, oltre ad essere il segno di una grave chiusura mentale, può rivelarsi molto pericoloso durante una partita di poker, almeno secondo Rebecca McAdams e Liv Boeree. Quest’ultima, poi, sottolinea che essere donna al tavolo rende più facile mettersi in mostra e farsi conoscere dai media, un altro fattore che garantisce opportunità di affermazione.

L’intelligenza non ha sesso, sembra volerci ricordare Fatima, quando ribadisce come le donne siano molto più propense e disposte ad imparare (anche da altre giocatrici e non solo dagli uomini).

L’opportunità che il poker ha offerto a Celina Lin è invece molto personale, ma non per questo meno significativa. Al contrario, ci parla di libertà. Il poker ha infatti permesso alla giocatrice cinese di infrangere lo schema lavoro-matrimonio-maternità che la società e la cultura del suo paese (ma non solo del suo) avevano previsto per lei. Una scelta veramente “rivoluzionaria” che alla fine la giocatrice è riuscita a far comprendere anche alla sua famiglia.

Le opportunità, però, non riguardano solo il poker giocato, come attestano le esperienze professionali di Rebecca McAdams e Francine Watson. Il mondo del poker significa anche tanti posti di lavoro dove non esistono sbarramenti di genere, dove il numero delle donne occupate è in continua ascesa, posizioni di vertice incluse.

DIVERSITA’

Forse la parola più importante, quella usata da Francine Watson che descrive il poker come melting pot, “calderone” e “mescolanza” in grado di abbattere le barriere della diversità.

La diversità nel poker va incentivata anche secondo Maria Ho, per la quale il mix di testerone ed estrogeno al tavolo rende il gioco più bello, più divertente e più interessante. E duraturo, ci permettiamo di aggiungere.

Per questa ragione è necessario aiutare le donne che desiderano avvicinarsi al poker. Un aiuto importante arriva certamente dai testimonial femminili, quali ad esempio Liv Boeree e Celina Lin. Ma ci sono anche dei consigli, per tutte coloro che stanno iniziando.

Quello della PokerStars Ambassador cinese che suggerisce di non tuffarsi a capofitto nell’arena del live, ma di partire piano, soprattutto cercando di qualificarsi con i satelliti online a basso buy-in.

O quello dell’ex campionessa olandese di hockey su prato, Fatima Moreira de Melo: “non abbiate paura di rischiare e poi fallire, perché non provarci nemmeno è sicuramente peggio. In ogni campo“. Insomma, il risultato non è tutto, perché è nel processo che si diventa persone complete.

Il video si conclude con una riflessione generale di Francine Watson sull’8 marzo: un’occasione per riflettere su quello che ancora può essere fatto per le donne, ma anche per ricordare quanto lo donne hanno fatto e ottenuto finora in tanti campi diversi.

E per celebrare la diversità. Uno strumento fondamentale, non solo per il poker.

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