Dario Sammartino: “Al final table, siamo diventati tutti amici. Credo che il poker debba essere questo”

Il final table del Main Event WSOP 2019, quello che ha regalato all’Italia del poker il memorabile secondo posto di Dario Sammartino, è ormai dietro le spalle.

Di quelle giornate americane vissute a distanza da quasi tutti gli appassionati, rimane impressa nella memoria l’avventura fantastica che ha consacrato non solo le qualità tecniche del giocatore napoletano, ma anche lo spessore della persona.

Perché Dario Sammartino è una figura “tridimensionale” del mondo del poker: professional player, comunicatore e uomo che sa andare oltre il fenomeno ludico, consapevole che la vita è molto di più.

Per lui il poker è un lavoro che deve essere bilanciato con lo spazio per la famiglia, gli amici e anche l’altruismo. In questo senso, ci piace ricordare che il 2% della sua vincita andrà a Reg Charity, associazione benefica fondata dai pro Philipp Gruissem, Stefan Huber e dai PokerStars Ambassador Liv Boeree e Igor Kurganov, che raccoglie fondi per aiutare le persone bisognose.

A nostro modesto avviso, MadGenius è un perfetto rappresentante di quella svolta di cui ha bisogno il mondo del poker, oggi divenuto freddo e calcolatore e, soprattutto a livello professionale, troppo alienante.

C’è forse una “sottile linea rossa” che collega Dario Sammartino a Chris Moneymaker. Sono entrambi figure “non convenzionali”. Nel 2003 il giocatore americano ha inventato una nuova dimensione per il poker: quella del sogno che diventa realtà, del giocatore amatoriale che vince il ME WSOP. L'”effetto Moneymaker” ha liberato il poker da quella nicchia, per certi versi discutibile, in cui era stato limitato fino ad allora e per questa ragione rimane un momento decisivo nella storia di questo gioco. Ora va semplicemente riportato alla sua origine, che è quella per cui si distribuiscono le carte attorno al tavolo prima di tutto per divertirsi e per socializzare.

Non è soltanto il nostro punto di vista. E’ la sostanza di quello che Dario Sammartino ha raccontato nell’intervista rilasciata ai colleghi di PokerNews , pochi minuti dopo la fine dell’heads-up con Hossein Ensan.

dario-sammartino-tifosi.jpgDario Sammartino in mezzo alla "torcida" italiana. Foto PokerNews

PokerNews: nella fase 3-handed, pensi di aver preso sempre le decisioni giuste?

Dario Sammartino: credo di aver giocato un ottimo poker fino all’heads-up. Poi non penso di aver espresso il mio miglior gioco, avrei sicuramente potuto fare meglio in alcuni spot. Penso abbia inciso il fatto di non aver visto carte per un po’. Loro (si riferisce ai tifosi italiani presenti in sala) mi hanno detto che ho giocato benissimo, ma credo mi vogliano molto bene, è un giudizio un po’ di parte!

Parlaci un po’ del tuo rapporto con Hossein Ensan, vi siete abbracciati, vi siete “dati il cinque”…

Hossein è una bella persona. L’ho conosciuto parecchio tempo fa, e siamo subito diventati buoni amici. Mi piace davvero, e sono contento per lui. Ovviamente avrei voluto vincere io, ma il vincitore è lui, si è meritato la vittoria e quindi… (fa il gesto dell’applauso)… bravo!

Alex Livingston (3° classificato, ndr) ha dichiarato: al final table ho incontrato 7 nuovi amici e Dario è “mio fratello”. Perché pensi che le persone amino stare al tavolo con te?

Perché viviamo queste esperienze insieme. Il ME WSOP non è un torneo normale. Le persone si conoscono, si incontrano e vivono emozioni uniche. Solo chi è presente al tavolo può capire queste sensazioni pazzesche, condividerle con gli altri e riuscire anche dare un supporto emotivo. Negli ultimi tre giorni, da quando è iniziato il final table, siamo diventati quasi una famiglia. E questo è fantastico, un qualcosa che non provi mai durante un High Roller o Super HR. In quel tipo di tornei è tutta una battaglia, lo spirito non è mai realmente positivo. Qui è diverso e credo che il poker debba essere questo.

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Cosa pensi del tuo avversario in heads-up? Ha un ottimo record nella situazioni di testa a testa…

E’ vero, è molto forte negli HU. E’ stato in grado di modificare il proprio gioco, adattandolo al mio. Io credo di un essere un buon giocatore di HU, ma lui è davvero bravo.

Com’era l’atmosfera?

Fantastica, è come essere alla finale (dei mondiali di calcio), Italia – Germania! Così ci si diverte davvero ed è perfetto per il poker. Il gioco ne ha bisogno.

Sei il nuovo n.1 in Italia, vero?

Sì, e sono molto contento, ma spero che il mio amico che è qui (riferimento a Mustapha Kanit) mi possa superare, così poi io lo supero di nuovo. Ci vogliamo bene, abbiamo un bel rapporto.

E’ un’estate speciale per te, durante la quale hai dichiarato di aver dedicato meno tempo al poker a favore di famiglia e amici. Ritieni che questo abbia fatto bene al tuo gioco?

Sì, aver giocato meno mi ha fatto bene. Il poker è fantastico, ma se giochi troppo rischi di perdere di vista cose che sono più importanti nella vita. Questo nuovo bilanciamento tra poker e vita normale è perfetto per me e mi consente di vivere esattamente come desidero.

Ritieni ci sia stato un momento chiave, un’azione particolare durante il match?

No, direi no. Nel testa a testa il problema principale per me è stata l’assenza di carte giocabili. Non ho avuto molte opportunità per fare azione. Ho cercato di dare il meglio, ma per le prime due ore è stata veramente dura anche perché ero molto emozionato. Alla fine dei conti, credo di aver giocato abbastanza bene, non al meglio come avrei voluto, ma nemmeno da sfigurare.

Ci puoi descrivere le sensazioni che hai vissuto al final table?

Il problema sono le parole, non le trovo, nemmeno in italiano. Posso solo dire che è qualcosa di pazzesco, un’esperienza unica che si può capire solo vivendola.

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