Phil Hellmuth: “Io, Erik Seidel e Johnny Chan abbiamo cambiato il mondo del poker”

Johnny Chan chiama, Phil Hellmuth risponde. Dopo le parole di The Orient Express, anche il Poker Brat è tornato su quel leggendario heads-up che lo vide battere ‘Il Maestro’ nella sfida conclusiva del Main Event WSOP 1989.

Il racconto di Phil Hellmuth spazia poi su altri argomenti: come il mondo del poker sia cambiato negli ultimi trent’anni, la bravura di Phil Ivey, il suo lavoro costante per cercare di migliorarsi come persona e il suo rapporto con la moglie.

Phil Hellmuth

Il Poker Brat in persona

Phil Hellmuth e il Main Event WSOP 1989

L’ego del professional poker player americano era già sviluppatissimo a inizio carriera, come rivela Hellmuth a PokerNews.com: Pensavo di essere di gran lunga il miglior giocatore di Hold’em al mondo. Facevo cose che nessuno aveva mai fatto, usavo uno stile differente, con piccoli bluff invece di grossi bluff. Proteggevo il mio stack. Ero disposto a rischiare il 10% delle mie chip in qualsiasi folle azzardo, ma proteggevo sempre il restante 90%”.

All’epoca della sua vittoria nel Main Event WSOP 1989 le informazioni non viaggiavano veloci come oggi, e pur avendo alle spalle già diversi risultati importanti, Phil Hellmuth non era certo conosciuto come Johnny Chan.

“Eppure conoscevo già tutti i più forti, e loro conoscevano me: T.J. Cloutier, Hans ‘Tuna’ Lund, Jack Keller e Stu Ungar. Ma io già pensavo di essere il migliore”.

Nella mano decisiva di quel torneo, i 9 di Phil ressero contro l’**pA* **p7* di Johnny: “Avevo un terrore tremendo che lui potesse ‘sculare’ (usa il termine suck-out ovviamente, ndr). Era il Main Event, lo avevo già visto vincere da sfavorito più volte e temevo che potesse succedere ancora”.

Ma così non fu, e Phil Hellmuth negò a Johnny Chan la gioia del triplete: “Mi disse che non aveva giocato al meglio, ma non perché mi aveva sottovalutato. Già in precedenza ad Esquire aveva dichiarato che avrei vinto un Main Event prima o poi. Solo, non pensavo quell’anno…”

Un poker che cambia

Il Poker Brat ricorda come alla fine degli anni ottanta il poker fosse un gioco per persone di una certa età. Eppure lui aveva 24 anni, Erik Seidel e Johnny Chan 28. Oggi il ‘giochino’ è invaso dalle young guns (cit. Doyle Brunson), ma allora quei tre rappresentavano una sorta di anomalia.

“[Se il Main Event WSOP è diventato così grande] è anche in parte colpa mia. All’epoca ero io il giovanotto. Ma noi tre (lui, Seidel e Chan, ndr) eravamo tutti under 30 ed eravamo considerate ottimi giocatori in rampa di lancio. Oggi naturalmente non è più così”.

 

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A distanza di 28 anni da quel trionfo, e con 13 braccialetti in più al polso, Phil Hellmuth ha ancora voglia di stupire, anche se il poker è cambiato: Se a questo gioco non migliori, vuol dire che stai peggiorando. Se penso a un periodo in cui avrei potuto fare le cose diversamente, direi dal 2004 al 2009, quando non mi sono impegnato abbastanza. Avrò giocato ai Mixed Game forse cinque volte. Non puoi giocare lo Stud 8, il Better o il Razz una volta l’anno e pensare di vincere.

Le WSOP 2017, per il momento, non gli hanno regalato molte soddisfazioni: “Avevo ottime sensazioni quest’anno, dopo un 2016 deludente, ma non è ancora finita. C’è sempre il Main Event e non mi arrendo. Penso di aver giocato abbastanza bene da vincere un braccialetto”.

Phil Ivey, la moglie, il libro

Su Phil Ivey: “Ivey è un giocatore pazzesco. Se guardi al numero di tornei WSOP che abbiamo giocato, anche se ha saltato un paio di edizioni, scoprirai che sono molto simili. Siamo molto vicini, avremmo giocato qualcosa come 400 eventi a testa.

Sul rapporto con la moglie: “Un matrimonio fantastico. Lei è una persona incredibile, che io metto sul piedistallo. È una dottoressa famosa e rinomata. Abbiamo lavorato molto sul nostro rapporto e lei ha fatto di me una persona migliore. Se investi tanto nel curare il tuo rapporto principale, diventi un uomo migliore.

Infine, un cenno sulla sua nuova autobiografia: “Sono entusiasta, è stato come un parto amorevole. Ho letto un sacco di libri e ne ho scritto uno completamente di mio pugno, per la prima volta, in cinque anni. Mi piace molto scrivere: è qualcosa che ti assorbe.

Le prime 70.000 parole arrivano fino al 1993, ma quei primi 20 capitoli li ho riscritti tipo20 volte. Più scrivi e più diventi bravo a scrivere, perciò quando guardo al mio primo libro, Play Poker Like the Pros, anche se è stato un bestseller non penso che sia scritto bene”.

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