Martin Jacobson: “La pausa dei November Nine fondamentale nel mio successo”

La formula dei November Nine ha fatto molto discutere in passato, perché la pausa di oltre tre mesi tra l’ultima giornata del Main Event WSOP e il final table stravolgeva tutti gli equilibri. D’altronde il poker è un gioco dove il flow è fondamentale, e chiunque abbia giocato con regolarità sa quanto sia importante poter continuare a giocare quando si vince.

Lo ha detto anche Dan Bilzerian: “Nel poker non ti fermi mai quando vinci, per due motivi: il primo è che giochi meglio quando vinci; il secondo è che se tu vinci qualcuno sta perdendo. E tendenzialmente quando uno perde gioca male, quindi devi essere lì e approfittarne”.

Proprio per questo motivo, la pausa tra il Day 7 e il final table del Main Event WSOP è stata una manna dal cielo per alcuni giocatori e una condanna per altri. Tra coloro che sono grati a questa formula c’è sicuramente Martin Jacobson.

Lo svedese iniziava il final table del Main Event 2013 con lo stack più corto in assoluto, ma alla fine riuscì a trionfare. E ora, a distanza di quattro anni, ammette che quella pausa fino a novembre fu fondamentale nel suo successo.

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Martin Jacobson: “La pausa per i November Nine fu fondamentale”

“Probabilmente sarebbe andata in maniera molto differente se avessimo giocato subito il final table. La pausa mi aiutò molto“, ha dichiarato a Pokernews.com. Il motivo è che sul finire del Day 7 aveva era sceso all’ultima posizione del chipcount ed era estremamente giù di morale. Se fosse stato costretto a giocare il giorno successivo, non avrebbe dato il massimo.

“Giocai un ottimo torneo ma negli ultimi livelli della giornata finale persi gran parte del mio stack. La pausa mi permise di riordinare le idee e tornare a Las Vegas più sicuro di me. Perché se avessi giocato direttamente il final table subito dopo quella giornata chiusa con lo short stack, non sarei stato pronto come invece sono stato a novembre”.

L’assenza dei finalisti del Main Event alle WSOPE

Jacobson ritiene che ci siano dei meriti in entrambe le formule, sia quella con la pausa fino a novembre, sia quella che prevede il final table entro pochi giorni.

Tuttavia, l’assenza dei November Nine ha sostanzialmente allontanato i finalisti del Main Event WSOP di quest’anno dai tornei più importanti del mondo, che fino all’anno scorso venivano utilizzati come una sorta di palestra in vista del final table.

“Penso che ci siano pro e contro per entrambi i format. Certo, è strano che qua alle WSOPE non ci sia praticamente nessuno dei finalisti di quest’anno, ma d’altronde il final table è già stato giocato. Sicuramente l’aspetto positivo di giocare subito è che non si perde l’interesse, ma al tempo stesso non c’è quel senso di eccitazione della road to the final table che da sempre appassiona gli spettatori”.

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Martin Jacobson

Martin Jacobson e la beneficenza con REG

Infine, il campione svedese ha parlato di REG Charity, l’organizzazione benefica di Liv Boeree e Igor Kurganov a cui ha donato $250.000 dopo la vittoria del Main Event WSOP.

“Lavoro con REG Charity, ma a dir la verità mi registrai prima del final table, non dopo la vittoria. È una beneficenza effettiva, quindi il loro obiettivo è di finanziare chi salva il maggior numero di persone. Solitamente quando si parla di beneficenza le persone donano con il cuore e non con il cervello. Reg adotta l’approccio pokeristico/analitico per finanziare i progetti che salvano più vite”.

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