Power Up di PokerStars può diventare un esport? Ecco i pro e i contro
Power Up compie un mese, quantomeno nella sua versione a soldi veri. La creatura di PokerStars, sviluppata nel tentativo di strizzare l’occhio agli appassionati di esport, sebbene ancora piuttosto acerba ha già ottenuto buoni riscontri.
Da qui a considerarla un esport vero e proprio, però, ce ne passa. Power Up riuscirà mai ad essere considerato alla stregua di giochi quali Hearthstone o Magic: The Gathering? Oppure rimarrà semplicemente una delle tanti varianti di poker in circolazione?
Power Up
Una doverosa premessa
Proprio perché Power Up sta muovendo i primi passi in questi mesi, è difficile stabilire dove andrà a collocarsi nella vasta offerta videoludica. Quel che è certo è che il gioco ha un motore dedicato, differente rispetto a quello che PokerStars usa per il poker tradizionale.
Questo è un chiaro segno della volontà dell’azienda di puntare forte sul settore esport e dunque è lecito attendersi ulteriori e assidui miglioramenti al gioco, al suo gameplay e alle sue funzionalità.
Power Up esport, i motivi del SÌ
- Una potenza mondiale. Forse PokerStars non sarà la compagnia più esperta in termini di esport, ma la sua fama di livello planetario, la sua capacità di attirare sponsor e personalità di rilievo, non hanno pari nell’industria dalla quale proviene. Mezzi e potenzialità per spingere Power Up a livello di marketing, dunque, non mancano.
- La componente strategica. L’uso dei poteri speciali (ne parlavamo qui) introduce un concetto di strategia completamente nuovo, rispetto al poker tradizionale. Proprio la componente strategica è uno dei requisiti fondamentali affinché un card game possa essere considerato esport.
- Mobile-friendly. Power Up si può giocare anche su smartphone e tablet, un mercato dalle potenzialità enormi che già oggi può vantare titoli da centinaia di milioni di giocatori, come Clash Royale e Vainglory.
- I precedenti incoraggianti. Alzi la mano chi avrebbe mai pensato che Magic: The Gathering ai tempi, o Hearthstone per restare ai giorni nostri, potessero crescere a tal punto da organizzare veri e propri campionati mondiali e tornei dai montepremi elevati.
- Eventi live. Un esport non è tale senza l’organizzazione di eventi dal vivo. In questo campo, sicuramente a PokerStars l’esperienza non manca.
Power Up esport: i motivi del NO
- Il target. In questo momento, Power Up attira giocatori che già fanno parte della customer base di PokerStars, o magari giocatori che si sono un po’ allontanati dalla room e che vedono in questa novità un buon modo per ricominciare. Ma attirare un audience più votata agli esport, che magari a poker non ci ha mai giocato, è tutta un’altra impresa.
- Un metagame circoscritto. Ciò che ha permesso a giochi come Hearthstone e Magic di prosperare è stato il continuo ricambio di carte, che ha permesso al cosiddetto metagame di non risultare stagnante e di evolversi con frequenza. Attualmente Power Up ha soltanto 9 carte diverse dal solito mazzo da 52: un po’ poco per non rischiare di diventare ripetitivo.
- Il legame con il gambling. Ancora non è vinta la battaglia per il riconoscimento del poker come gioco d’abilità, figurarsi cosa direbbero di Power Up chi pensa che il Texas Hold’em sia un gioco d’azzardo. E vista l’audience tendenzialmente giovane (anche minorenne) degli esport, questo potrebbe rappresentare un problema.
- L’accessibilità. Tendenzialmente, qualsiasi gioco che punta a diventare esport deve essere accessibile su scala globale ed aperto alla competizione. PokerStars, come poker room in sé, è soggetta alle leggi sul gioco d’azzardo, diverse da paese a paese.