Quattro errori che i principianti commettono nei tornei… senza rendersene conto

Dopo aver parlato di alcuni errori comuni commessi in generale dai principianti, oggi vogliamo entrare più nello specifico dei tornei di poker e di alcune ‘topiche’ nelle quali spesso i player alle prime armi cadono senza neppure rendersene conto.

Si tratta in verità di errori di cui si macchiano a volte anche giocatori con un certo grado di esperienza, vuoi per superficialità, vuoi per mancanza di concentrazione.

 

Errori poker

 

Non controllare la dimensione degli stack

Conoscere la size degli stack è fondamentale. E non stiamo parlando solo del proprio stack, ma di quello di tutti gli avversari che sono già entrati nel piatto e che ancora devono agire. Da middle position, ad esempio, con una mano come **fQ* **fJ* molti amano fare limp.

Ma è davvero una mossa intelligente se abbiamo uno stack di 40-50 big blind, e alla nostra sinistra ci sono due o tre giocatori che hanno tra i 15 e i 20 bui? Probabilmente così facendo ci presteremo il fianco ad uno shove che non ci permetterebbe neppure di vedere il flop.

Lanciare una chip di alto valore nel piatto senza annunciare nulla

Un errore molto comune è quello di pensare che questo gesto permetta di rilanciare: in realtà, così facendo si annuncia (silenziosamente) un call. Ma c’è un altro errore del genere, che ha però una sfumatura differente.

Supponendo che il livello dei bui sia di 150/300 e che al turn il piatto valga 6.000 chip, lanciare un pezzo da 5.000 nel pot e dire semplicemente “tre” non significa puntare 3.000: significa puntarne 300. Questo perché la bet minima è proprio 300, e senza una chiara indicazione dell’ammontare della puntata, l’avversario potrà vedersi un river a prezzo di saldo!

 

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Pensare che tutti giochino come noi

Qui la situazione si fa piuttosto tricky. Perché uno degli errori più subdoli che commettono non solo i principianti, ma anche giocatori esperti, è quello di pensare che gli altri giochino come giocheremmo noi.

La domanda da farsi, quando ad esempio bisogna decidere se chiamare un all-in altrui, non è “Con che mani manderei la vasca in questo spot?”, ma “Con che mani il mio avversario manderebbe la vasca in questo spot?”.

Proiettare sugli altri giocatori le proprie tendenze di gioco è un errore davvero costoso.

La sindrome del “devo farlo per forza”

Arrivare ad un passo dal final table di un torneo, dopo aver protetto con cura il proprio short-stack, azzoppato da ore e ore in cui siamo stati card dead, e poi finalmente vedere una mano decente, come una pocket pair di 9 o di 10: a chi non è mai capitato?

Finalmente c’è l’occasione di mandare i resti e raddoppiare… ma prima di noi un altro paio di giocatori vanno all-in. Che fare? Spesso, nei principianti scatta quella che potremmo definire come la sindrome del “devo farlo per forza”.

Non importa quanto a lungo abbiamo dovuto foldare senza mai giocare un pot, non importa che 9-9 o T-T sia la miglior mano che ci sia capitata nelle ultime 4 ore: se altre informazioni ci consigliano di foldare, dobbiamo foldare, punto.

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