Perché “Match Point” è un film che ogni pokerista dovrebbe guardare

Qui non si parla direttamente di lei, ma con una foto di Scarlett non sbagli mai

Ieri notte mi sono imbattuto, per l’ennesima volta, in “Match Point“. E, per l’ennesima volta, non ho resistito alla tentazione di guardarlo. Pur conoscendo ogni piega della trama e dei dialoghi, si tratta di un film sempre stimolante, e non solo per la presenza della deifica Scarlett Johansson.

È stimolante perché offre una riflessione sulla fortuna e sull’incidenza che essa ha nella vita di ognuno di noi. Ma è anche una riflessione sulla nostra capacità di riconoscerla, la fortuna.

Tuttavia, la stragrande maggioranza delle persone tende a ridurre il film ai 40 secondi del suo – bellissimo – monologo iniziale.

Ma è davvero così?

Anche chi segue distrattamente il tennis sa che gli scambi decisi da un nastro sono un numero molto piccolo, sul totale. Ne consegue che un numero ancora più infinitamente piccolo di volte un nastro deciderà una partita. A memoria ricordo forse una finale di un torneo decisa da un nastro, e nessuna carriera costruita su un net.

Dunque è arbitrario interpretare l’esempio della pallina che balla sul nastro come simbolo dell’incertezza del destino di una intera vita. Si tratta invece di una metonimia, un puro espediente narrativo che ci anticipa cosa succederà più tardi. Il nastro si trasformerà in una ringhiera, la pallina in una fede nuziale.

Certo, la metafora del nastro è ammaliante proprio per lo sviluppo del personaggio di Chris. Un istruttore di tennis che svolta per un incontro fortuito, poi rovina tutto con le proprie mani ma si salva per un altro colpo di fortuna.

Nella memorabile sequenza di Chris che si libera della fede nuziale di una delle sue due vittime c’è però un aspetto cruciale di cui vi parlavo all’inizio: siamo in grado di riconoscerla, la fortuna?

Il nastro e la ringhiera: riconoscere la fortuna (spoiler inside)

Allen ha giocato con la metafora del tennis, con l’al di là e l’al di qua, con il bene e il male e con la fortuna e la sfortuna. Saremmo tutti propensi a considerare la ringhiera come un nastro tennistico, e quindi a intendere l’al di là come colpo di fortuna e l’al di qua come evento sfortunato.

Chiunque abbia visto Match Point la prima volta non può non aver pensato che l’anello caduto “al di qua” della ringhiera fosse un evento sfortunato. In realtà era l’esatto contrario. Woody Allen ci ha appena dato un elemento del tutto casuale ma che richiedeva una interpretazione. Noi abbiamo dato la più immediata o banale (“l’anello è caduto di qua, Chris è fottuto”), mentre la verità era l’esatto opposto (l’anello ritrovato da un tossico che poi verrà accusato al posto di Chris).

L’altro “nastro” fondamentale in Match Point

Quello che Woody Allen non ci dice

Woody Allen non pone domande, perché non gli interessano le risposte. La fortuna che vediamo materializzarsi incide così tanto perché l’autore ha deciso così. Nel mondo reale, gli inquirenti avrebbero disposto l’autopsia sul cadavere di Nola, scoprendo che era incinta. Ci sarebbe stata l’analisi del DNA che avrebbe inchiodato Chris, NONOSTANTE IL COLPO DI FORTUNA della fede ritrovata da un povero tossico, poi accusato del duplice omicidio.

Match point e il quadrivio della vita

Dunque Allen ignora particolari che sarebbero stati cruciali in un thriller, noir, sci/fi o poliziesco. Ma a lui non interessava niente di tutto questo. La sua è una riflessione sull’importanza della fortuna nella vita di ciascuno, che ognuno può cogliere e far propria nella maniera che preferisce.

Schematicamente, Match Point apre un potenziale quadrivio di fronte a noi e alle nostre umane vicende:

  • Ciò che riconosco e posso controllare
  • Ciò che riconosco e non posso controllare
  • Ciò che non riconosco ma potrei controllare
  • Ciò che non riconosco e non potrei comunque controllare

Come dice il monologo iniziale, “la gente ha paura di ammettere quanto la fortuna conti nella vita, terrorizza pensare che sia così fuori controllo”. Ma come reagiamo al fatto di venire a sapere che esiste una parte X della nostra vita che è decisa dal caso? Il segreto di tutto sta proprio lì.

Possiamo assumere un atteggiamento fatalista e prendere tutto come viene, ma possiamo anche non limitarci a questo. Dei quattro incroci possibili tra vita e fortuna, sappiamo che due di essi non sono e non saranno mai sotto il nostro controllo. Ma uno lo è di sicuro (Ciò che conosco e posso controllare), e dovremmo far sì che lo diventi anche l’altro.

Il Monologo e i pokeristi

Il monologo iniziale di Match Point ha una enorme popolarità e lo diffondono anche persone che il film non lo hanno mai visto, ma che ne apprezzano la riflessione di fondo.

Inutile dirlo, questo monologo è stato adottato come “mantra” da un esercito di pokeristi, per dare una ragione a quella run che vediamo sempre premiare gli altri e che non bussa mai alla nostra spalla. Si accendono così mille contraddizioni, poiché gli stessi che per anni hanno difeso la natura di skill game del poker, si ritrovano a sbandierare il suo contrario.

E vi dirò di più: quando un vostro amico pokerista condivide o cita il presente monologo, lo fa nel 99,99% dei casi dopo aver perso, o mancato un’occasione importante. Mai dopo aver centrato un colpo grosso.

Quando si parla di sfortuna applicata al poker, non si può non pensare al buon Matt

Poker, fortuna e long term

E sì che il poker sarebbe un contesto ancora più felice del tennis per esemplificare la presenza – ma sarebbe più corretto dire l’immanenza – della fortuna nella nostra vita.

Il poker pro ha un rapporto con il long term che non si spiega soltanto con la matematica. Il professionista sa che il suo dovere è prendere scelte matematicamente corrette nel lungo periodo, ma con la consapevolezza che questo lungo periodo potrebbe non manifestarsi mai, nell’arco del periodo della vita che egli decide di dedicare al giochino. Si tratta dunque di un approccio fideistico, seppur fondato su teorie solide.

Il quadrivio della fortuna pokeristica

La verità è che qui il poker può ridiventare una metafora della vita ancora più efficace del tennis, con buona pace di Re Roger Federer.

Vediamo lo schema di cui si parlava in precedenza, reinterpretato in chiave pokeristica.

  • Ciò che riconosco e posso controllare 
    (esempio: le mie carte, le regole del gioco, la mia abilità di calcolo, le carte del board già uscite etc)
  • Ciò che riconosco e non posso controllare
    (es.: un torneo passato perso male, il tavolo in cui capito, un avversario forte alla mia sinistra, l’essere card dead etc)
  • Ciò che non riconosco ma potrei controllare
    (es.: tells che potrei prendere o non dare, limitare le situazioni in cui non so cosa fare, prendere nota su avversari e cercare contromisure, simulare colpi, studiare GTO etc)
  • Ciò che non riconosco e non potrei comunque controllare
    (es.: uno scoppio, un misdeal, un cooler, il server, i complotti etc)

Pressoché ognuno di noi potrebbe raccontare episodi in cui la fortuna ha deciso le nostre sorti. Un 80-20 perso 12 left a un ricco MTT online, un mono-out subìto in bolla di un live. Colpi che avrebbero potuto spostare una carriera, indurci a fare determinate scelte piuttosto che altre. Ma, appunto, con ogni probabilità ce ne sono altre che in qualche modo ci hanno favorito. La differenza è sempre nella percezione e nella coscienza di sé: la percentuale di eventi su cui abbiamo il totale controllo è molto bassa, ma lo è anche quando la vita – e i board – ci sorridono.

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Prepararci ai prossimi match point

Ciò che non dovremmo fare è lasciare che la fortuna incida ancora di più di quanto non faccia già. Ci sono persone che sono più fortunate di noi, nella vita come nel poker. Odiarle o invidiarle contribuisce in qualche modo a compensare le cose? No, al massimo aumenta la frustrazione e restringe l’area su cui possiamo far valere la nostra capacità.

Ciò che dovremmo fare è imparare a fare il massimo per ampliare quell’area di eventi e situazioni che possono andare sotto il nostro controllo. Soprattutto, ciò che dovremmo fare è imparare ad affrontare lo scambio seguente a quello in cui la pallina ha sbattuto su quel nastro di me**a, ricadendo sul nostro campo.

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