Dagli albori al 6+ Hold’em: le tante svolte del poker americano
Da poco più di una settimana è disponibile su PokerStars.com (e su altre piattaforme dell’azienda, ma non quella italiana, per ora) la nuova variante di poker 6+ Hold’em.
Per chi si fosse perso la novità, il rimando è al nostro articolo di presentazione, raggiungibile con un semplice click da qui. In due parole, si tratta di un Texas Hold’em No Limit giocato con 36 carte al posto di 52 (spariscono quelle dal 2 al 5), senza bui ma solo ante, e alcuni modifiche nei punteggi (il colore batte il full, l’asso può essere usato prima del 6 per fare scala minima).
Detto così il cambiamento sembra poca cosa, ma in realtà è così profondo che il 6+ Hold’em, per alcuni aspetti, ricorda più l’Omaha che il Texas Hold’em. E la novità sta facendo centro, come dimostra l’affluenza di curiosi nelle stanze virtuali del .com riservate al 6+ Holde’m.
Provare per credere. In fin dei conti basta un mazzo di carte e qualche amico attorno al tavolo, in attesa che la nuova variante short deck arrivi anche su PokerStars.it.
Nel frattempo, vi proponiamo un breve excursus delle modifiche che il poker ha subito nel corso degli ultimi due secoli, a dimostrazione della sua adattabilità e di quanto sia importante rivederne le regole, quando serve.
Quante carte?
La prima versione “americana” di questo gioco risale agli inizi del 19° secolo ed è chiamata “Twenty-Deck Poker“: come dice il nome, si usano soltanto 20 carte (dal 10 all’Asso). Si può giocare al massimo in 4 perché ogni partecipante riceve 5 carte e c’è un unico giro di puntate. Questo, per lo meno, è quanto si evince da una delle autorità in materia di quel periodo: l’ “Hoyle’s Book of Games”.
Esistono però dei precursori europei: il Poch germanico, la Primiera italica, il Mus spagnolo e il Poque francese, tutti giocati con un mazzo che va dalle 20 alle 40 carte. Il Brag inglese si gioca invece, già dal 16° secolo, con 52 carte.
Come risulta abbastanza intuitivo, 20 carte e un unico giro di puntate non fanno del primo poker “americano” un gioco particolarmente interessante e di abilità.
La prima "Bibbia" del poker
Il cambio (draw)
Nel 1850 il “Bohn’s New Hand-Book of Games” fa riferimento ad una versione di poker nella quale ogni giocatore ha la possibilità di cambiare da 1 a 5 carte della propria mano, sostituendole con altrettante pescate (draw) dal mazzo coperto. Anche se manca ancora l’indicazione di un secondo giro di puntate dopo il cambio, in sostanza siamo già entrati nel poker “classico” o “five-card draw” che nel Belpaese diventa, in maniera un po’ autoreferenziale, all'”italiana”.
Qualunque sia la denominazione, è un gioco molto più articolato e accattivante, tant’è che dal 1870 cominciano a fare la loro comparsa libri di calcolo delle probabilità e di strategia per il draw poker.
Fare le scale
I punteggi restano parzialmente ancora in fase di definizione e non comprendono le scale. Almeno fino al 1864 quando, il già citato Hoyle, parla di una “straight sequence” superiore al tris ma inferiore al colore e ai punteggi più alti. Si tratta però di una regola praticata “solo in alcune località” e che deve essere concordata tra i partecipanti prima dell’inizio della partita.
La questione delle scale torna negli anni Cinquanta, all’interno di un episodio della serie TV “Maverick” (1957-62), dal titolo “According to Hoyle“. Bret Maverick (impersonato da James Garner) sta giocando una partita di poker a bordo di una nave a vapore. Si arriva allo showdown di una mano e il protagonista mostra una scala: è convinto di aver battuto il tris dell’avversario, il quale però gli ricorda che quest’ultima vale solo se stabilito prima dell’inizio della partita, secondo la regola di Hoyle!
Bret Maverick basito e battuto
O jacks o niente
Un’altra innovazione è stata il cosiddetto “jacks or better“, ovvero la possibilità di aprire il gioco solo se in possesso di almeno una coppia di “ganci” e l’obbligo di farlo con un rilancio.
Lo scopo era quello di portare un po’ di “disciplina” nel gioco, evitando le azioni sconsiderate dei maniac ante litteram. Di fatto aprì un dibattito sulla bontà effettiva delle regola che spostava il gioco verso le premium hands e riduceva le possibilità di bluff.
Rimane il fatto che per molto tempo ancora – quasi per tutto il 20° secolo – questa regola rimarrà in vigore nella maggior parte delle partite di poker ufficiali.
Tempo di stud
Il termine “stud“ affiancato a “poker” fa la sua comparsa nell'”Hoyle’s Book of Games” edizione 1864, anche se resta priva di indicazioni sulle regole del gioco.
Nonostante le origini dello stud poker restino poco chiare, è certo che dalla metà del 19° secolo questo gioco sia diventato una “variante” molto diffusa, in particolare dopo la Guerra Civile.
Da quel momento diventarà di uso comune indicarlo come poker “aperto”, nel senso che le carte sono per lo più visibili, in contrapposizione al poker “chiuso” come il five-card draw.
Il successo dello stud continuerà anche nel 20° secolo, almeno fino all’avvento del Texas Hold’em, come è ben rappresentato nell’ormai classico “Cincinnati Kid“, film del 1965 con Steve McQueen.
La partita finale tra Cincinnati Kid (Steve McQueen) e Lancey Howard (E.G. Robinson)
La rivoluzione chiamata Texas Hold’em
Dal successo del seven-card stud a quello del Texas Hold’em il passo è breve: entrambi sono forme di poker “aperto” con sette carte a disposizione di ogni giocatore (anche se diversamente posizionate) per realizzare la combinazione vincente.
La nascita ufficiale del TH rimane incerta. Gli storici parlano della fine del 19° secolo, ma non ci sono prove concrete a sostegno di questa datazione. Johnny Moss, Poker Hall of Fame, raccontò al suo biografo di aver appreso il gioco intorno al 1930. Doyle Brunson, il “padrino del poker“, parla invece del 1958 come primo incontro con il Texas Hold’em, che in quel periodo veniva chiamato “hold me darling“.
Doyle "Texas Dolly" Brunson
Sicuro è che fino agli anni ’90 il TH rimane una delle tante varianti giocate nelle sale e nelle case, non quella forma di poker oggi predominante nel mondo che conosciamo. Per questa svolta sarà necessario aspettare l’inizio del 21° secolo, il boom delle World Series of Poker, l’arrivo dell’online e l’effetto Moneymaker.
Tratto da “Game changer: Six times poker has changed” di Martin Harris per PokerStarsblog.com
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