Il “Moneymaker effect” degli eSports: la vittoria di Kyle Giersdorf nel Fortnite World Championship

Anche se in Italia la passione per gli eSports è cosa recente, non c’è dubbio che le competizioni di giochi elettronici siano già da alcuni anni un fenomeno globale.

I video giochi, per usare un termine generico e un po’ demodè ma familiare anche a chi non è più un ragazzino, sono una realtà che affonda le proprie radici alla fine degli anni ’70, quando nei bar apparve il famosissimo Space Invaders (era il 1978 per la precisione) o nelle case si cominciò a giocare con le prime console Atari, Sega Master System, fino alla rivoluzione arrivata negli anni ’80 dal primo vero computer dotato di giochi, lo storico Commodore 64.

Screenshot-2019-08-05-at-14.36.43.jpgKyle Giersdorf impegnato nella finale del campionato del mondo di Fortnite

Ma quando parliamo di eSports facciamo riferimento ad una dimensione incomparabile con il passato, non solo per il livello dei giochi stessi, ma per la presenza di competizioni di altissimo livello.

Per capirne la dimensione basta pensare a quello che Kyle Giersdorf ha realizzato una settimana fa all’Arthur Ashe Stadium di New York, davanti a un pubblico di 15.000 appassionati. Il 16enne della Pensilvania ha vinto il campionato del mondo di Fortnite, uno dei giochi più in voga del momento, portandosi a casa un primo premio di 3 milioni di dollari.

Ci sono anche altri numeri che descrivono bene la dimensione di questo evento, come ad esempio i 4 milioni di giocatori che hanno partecipato alle selezioni online e il montepremi finale di 30 milioni di dollari, destinato ai final 100.

C’è Twitch, che ha trasmesso in diretta lo streaming delle fasi finali del campionato di Fornite, incollando allo schermo altri milioni di appassionati.

Ma soprattutto c’è una mentalità diffusa nei giovani eSporters che va oltre la semplice passione per un passatempo.

Molte persone pensano anche che si tratti solo di un gioco, ma in realtà è pratica, dedizione, determinazione” ha dichiarato il giovane campione americano all’Agency France Presse (AFP). “E’ una realtà che richiede un approccio professionale“.

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L'intervista al vincitore si ESPN

A tutti gli effetti, gli eSports sono giochi dove conta l’abilità, dove è necessario saper pensare in termini strategici. Colin Bradley, il migliore amico di Kyle Giersdorf, ha definito il vincitore del campionato del mondo come un top player che sa “quando attaccare, quando non farlo e quando rimanere in posizione di controllo. E’ un giocatore con una grande capacità strategica“.

Intervistato da ESPN Sports, Kyle Giersdorf ha raccontato come le sue giornate siano strutturate in maniera molto disciplinata, attraverso 6-7 ore di pratica con il gioco. Di fronte alla domanda “Che cosa farai della vincita?“, il 16enne ha spiazzato tutti coloro che si sarebbero aspettati una risposta all’insegna dell’immaturità: “Senza dubbio li metterò da parte per investirne una parte. Non farò nulla di stupido. L’unica cosa che comprerò è un nuovo tavolo da gioco, tutto qui“.

Nonostante tutta questa serietà nei confronti del gioco, sono ancora in tanti a gridare “al lupo al lupo” nei confronti degli eSports. Alcuni hanno toni senza dubbio eccessivi, altri, in maniera più composta, indicano un possibile rischio dipendenza da gioco per i più giovani o la preoccupazione di molti genitori per il numero eccessivo di ore trascorse davanti allo schermo da parte dei figli.

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Un esporter: qualche somiglianza con un grinder...

Non è qui il luogo per addentrarci in questa analisi, tra l’altro ancora in stallo dal punto di vista del dibattito accademico. Ci interessa piuttosto mettere in evidenza come, per certi aspetti, gli eSports stiano percorrendo una strada battuta anni addietro dal poker. Ma la destinazione, gli esiti, difficilmente potranno essere gli stessi.

Il mondo del poker che oggi conosciamo è iniziato 16 anni fa, con la vittoria di Chris Moneymaker al Main Event WSOP 2003 che ha dato vita al noto “effetto Moneymaker“e liberato il poker dalla nicchia in cui era fino ad allora confinato. In termini di impatto mediatico la vittoria di Kyle Giersdorf sembra essere l’equivalente per gli eSports di quella rivoluzione, anche se i numeri degli eSports sono già molto più alti di quelli del poker. Ma la differenza principale è che negli eSports il fattore della vincita in denaro è molto meno importante di quanto lo sia nel poker, dove l’obiettivo finale è realizzare un profitto e dove è altrettanto possibile terminare la partita con una perdita (vale la pena ricordare che in un torneo di eSports i giocatori non devono pagare alcun buy-in per partecipare).

Solo una manciata di eSporters vincono premi con tanti zeri o ricevono dagli sponsor cifre rilevanti. Per tutti gli altri milioni di giocatori l’obiettivo è quello di far parte di una community all’interno della quale poter condividere una passione. L'”effetto Kyle Giersdorf”, quindi, è un attrattore di tipo diverso: è identitario.

Il poker che si è sviluppato dopo il 2003 ha mandato in scena un nuovo tipo di giocatore, meno vicino all’immagine del puro giocatore d’azzardo, più disciplinato, più studioso e in grado di sapersi amministrare anche dal punto finanziario. Qui la vicinanza con il caso del campione di Fortnite è molto alta e ci piace pensare che, in qualche modo, il poker possa aver indirettamente esercitato una qualche influenza.

Ma per quanto riguarda il futuro, il poker ha bisogno di guardare in altra direzione, magari anche quella che ora gli eSports stanno tracciando attraverso eventi che sono un modello di comunicazione e aggregazione. Purtroppo il poker è troppo più lento di qualsiasi gioco elettronico, l’azione è troppo frammentaria e molto meno coinvolgente ed è difficile immaginare un torneo di Texas Hold’em in grado di riempire uno stadio. Ciononostante, come ha dichiararo il l’Head of PokerStars Blog, Brad Willis, “le persone vorranno sempre guardare eventi di gioco e, se il poker vuole rimanere al passo con gli egame, dovrà evolvere rapidamente, anche prendendo spunto da quello che abbiamo visto questa estate all’Arthur Ashe stadium“.

Le nuove tecnologie, i nuovi media sono senza dubbio indispensabili per far voltare pagina a questo gioco. Ma l’ingrediente essenziale per il poker del futuro resta il divertimento, ovvero il recupero di quella dimensione ludica, socializzante e aggregativa che è il “momento zero” di qualsiasi attività umana.

Il rapporto tra eSports e poker si sta concretizzando anche attraverso l’esperienza diretta di alcuni giocatori che dal mondo delle due carte sono passati a quello dei giochi elettronici. E’ il caso di Qlash, team italiano di eSports, creato e gestito da due ex PokerStars Ambassador: Luca Pagano e Eugene Katchalov.

Ma di questa loro avventura e di molte altre curiosità che avvicinano universi ludici differenti parleremo nei prossimi giorni.

Stay tuned!

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