La ‘crew’ dei tedeschi e quel gioco di squadra inaccettabile, che rischia di uccidere il poker

Dominik Nitsche (di spalle) abbracciato dagli amici-colleghi. Si riconoscono Manig Loeser (al centro) e Max Altergott (a destra col cappellino). Tra i due, seminascosto, Christoph Vogelsang

Leggendo ieri la puntuale intervista del nostro inviato a Rozvadov, ho avuto un sussulto su alcune dichiarazioni di Dominik Nitsche, che reputo sconcertanti.

Mi riferisco in particolare a questa parte

“Alla pausa cena con Steffen abbiamo parlato di quali aggiustamenti strategici da attuare con uno stack da 50 BB, dato che il mio background da cash gamer mi aiuta maggiormente quando ho uno stack attorno ai 100 BB. Quindi ci siamo dovuti sedere e limare qualcosina, altrimenti avrei finito per giocare con un range troppo stretto. Christoph si è unito a noi e ci ha aiutato: una delle ragioni principali per cui ho vinto quest’oggi è perché alle mie spalle ho i migliori giocatori al mondo.”

Nitsche, il gioco di squadra e la spiegazione che non regge

Per chi non avesse compreso appieno, stiamo parlando del giocatore che ha appena vinto il 111.111€ One Drop a Rozvadov, il quale ammette candidamente di avere fatto una “riunione tecnica” durante la pausa cena del tavolo finale, per ridefinire alcuni dettagli della strategia di gioco. Il problema è che la pausa cena si è tenuta prima dell’heads up decisivo, e che le persone con cui Nitsche ha discusso eventuali variazioni alla strategia erano usciti rispettivamente quinto (Steffen Sontheimer) e sesto (Christoph Vogelsang) nello stesso torneo!

Il nostro inviato a Rozvadov ha cercato a questo punto di provocarlo, chiedendogli se esista una competizione interna tra di loro. La risposta del 4 volte campione del mondo è parsa però poco convincente. La riporto qui per comodità

“Non appena qualcuno fa un minimo errore ci prendiamo in giro talmente tanto che è meglio non trovarsi nella condizione di fare qualche stupidaggine, perché a nessuno piace sentirsi dare dell’idiota. In fondo è proprio questo il motivo per cui il nostro gioco migliora costantemente. Quando mi fanno notare qualcosa di sbagliato corro subito ai ripari e viceversa. Miglioriamo assieme e siamo onesti tra di noi: è inutile farsi i complimenti a vicenda se poi dietro il risultato ci sono degli errori evidenti. Finora ha funzionato.”

In realtà credo che Nitsche, preso anche dalla comprensibile euforia per la grande vittoria appena centrata, non si sia minimamente reso conto della gravità delle sue affermazioni. Sono frasi che raccontano la condotta spregiudicata con cui questi ragazzi tedeschi hanno letteralmente preso possesso di molti eventi high roller.

Si sapeva già che in questi tornei c’è una frenetica attività di scambio e compravendita quote fra i top player, e che anche i più forti spesso si ritrovano a giocare possedendo non più del 30-40% della propria action. Questa non è una condotta scorretta in sé, perché se un evento è ritenuto profittevole e la “varianza” relativamente bassa (difficilmente gli high roller superano le 100 entries), non c’è niente di male nell’abbattere i rischi dividendo quote tra colleghi che si stimano.

Quello che però ha appena affermato Dominik Nitsche è un deciso level up, verso condotte che si spingono oltre i limiti della correttezza.

La conferma di Sontheimer

Le parole di Nitsche colpiscono ma non sorprendono, infatti, perché in fin dei conti non raccontano nulla di nuovo. Qualche settimana fa era stato il suo amico, collega e connazionale Steffen Sontheimer a dichiarare qualcosa di simile. Ne parlavamo qui, ma sempre per comodità riporto il corsivo

“Per noi è più facile, perché ragioniamo in base alla difficoltà del field e ci scambiamo informazioni accurate, in quanto ognuno di noi gioca. In questo modo, che sia un torneo da €25.000 o da €300.000, cambia poco. Siamo un gruppo e Fedor ha una grande influenza“.

Brian Hastings

Scorretti, come i Cardrunners vs Isildur1

Una siffatta condivisione di info non è diversa dalla “comunella” messa in atto anni fa da Brian Hastings e la cricca di Cardrunners, che portò a mandare praticamente broke Isildur1 su Full Tilt Poker. Se tutti abbiamo provato schifo per quel tipo di condotta, non possiamo non provare imbarazzo per quanto stanno combinando Nitsche e i suoi amici.

Il top player, il confronto e il rispetto

Attenzione, stiamo parlando di giocatori FORTISSIMI, che singolarmente non avrebbero alcun bisogno di aiutini particolari, per farsi valere ai massimi livelli. Nitsche ma anche HolzAltergott, Vogelsang, Sontheimer, Kempe, Loeser, Fast, Aldemir, sono tutti ragazzi molto molto forti. Proprio per questa constatazione, dà molto fastidio vedere che siano anche così spregiudicati e poco rispettosi di avversari, organizzatori e pubblico.

Manig Loeser dopo il vittorioso Triton Super High Roller del luglio scorso, in Montenegro. Con lui Sontheimer (a sinistra, 5°) e Aldemir (a destra, fuori dai premi)

Non ho alcuna intenzione di fare del moralismo da tre soldi ma neanche di tenere le classiche fette di salame sugli occhi. So bene che il confronto fra giocatori è uno strumento di miglioramento prezioso come nessun altro. Tutti noi abbiamo dato o ricevuto consigli di gioco, su questo o quello spot. Chi un paio, chi decine, chi centinaia o migliaia di volte, ogni pokerista – amatore o professionista – trova nel confronto con gli altri un momento di crescita. Qui però stiamo parlando di altro.

I più forti coalizzati contro il più debole

Stiamo parlando di un giocatore che sta per affrontare un altro giocatore nell’ultimo scontro per la vittoria di un torneo, che sposta quasi un milione e mezzo di euro. E, prima di questo testa a testa, si scambia pareri e opinioni sulla strategia da tenere con due amici e colleghi. Il problema è che questi amici e colleghi erano usciti 5° e 6° dallo stesso tavolo finale, quindi avevano ciascuno ulteriori info preziose, che scelgono di condividere praticamente IN TEMPO REALE.

Andreas Eiler

Eiler, la vittima designata

Mettiamoci ora nei panni di Andreas Eiler. 44 anni, una vita passata a gonfiare le reti da bomber delle serie minori tedesche, quindi allenatore di calcio e anche pokerista high roller. Come vi sentireste voi, al posto di Andreas, se doveste affrontare un avversario già più forte sulla carta, e che per di più imbastisce strategie facendosi da aiutare da altri due colleghi che a loro volta ti hanno avuto al tavolo per parecchie ore?

Non ci vuole molto per capire quanto condotte del genere siano pericolose, anche perché minano il futuro stesso dei tornei high roller.

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1 vs 1, non 10 vs 1

Non solo, perché ad essere in pericolo davanti a questo tipo di comportamenti è lo stesso concetto di poker. Il gioco di cui ci siamo innamorati è una competizione individuale, in cui singoli individui lottano per avere la meglio su altri singoli individui.

Il coaching, diffusissimo ad ogni livello, annacqua un po’ il discorso ma non intacca il principio. Al tavolo si è da soli, a reagire alle difficoltà e prendere decisioni. Se viene meno questo allora crolla tuttoLe conferenze di gruppo durante gli MTT online sono uno schifo paragonabile a questo scambio di info in tempo reale, messo in atto dagli high roller tedeschi.

Così il giochino high roller si rompe

Per quanto tempo ancora un ipotetico miliardario, desideroso di misurarsi con i più forti, accetterà di perdere scientificamente i suoi soldi contro professionisti che fanno combutta per exploitare avversari già tendenzialmente più deboli? I potenziali “fish” dei tornei da 100 o 200mila euro sono perlopiù uomini d’affari a cui non disturba perdere un buy-in di questo genere. Ciò però non basta a renderli dei fessi, anzi! Alla lunga, questo essere vittime designate dell’ingordigia di quattro ragazzi non starà più bene a nessuno.

È un giochino pericoloso, amici. Un sistema che rischia di rompere quel giocattolo che vi fa guadagnare tanti soldi.

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